LA LENTA FORMAZIONE DI UN ORDINE INTERNAZIONALE

Massimiliano di Béthune, duca di Sully (1559-1641)

Anche se la frase "ordine mondiale" è stata introdotta nel discorso po-litico solo di recente, l’idea di un ordine mondiale, o internazionale, è apparsa nel XVII secolo. Ma ogni volta che se ne è presentata l’occasione si è discusso di organizzare e sostenere la pace.

Fu nel 1603 che il re Enrico IV di Francia fece sviluppare dal suo mi-nistro, il duca di Sully, un primo progetto. Questo doveva consistere in una repubblica cristiana che comprendesse tutti i popoli d’Europa e che avrebbe garantito la conservazione delle nazionalità e delle religioni con il compito di risolvere i problemi tra di loro.

Questo Grand Dessein prevedeva la ridefinizione dei confini degli stati per bilanciare il loro potere, la creazione di una confederazione europea a 15, con un Consiglio sovranazionale con il potere di arbitrato, e un esercito in grado di proteggere la confederazione contro i Turchi.

Ma quel sogno è stato interrotto dall’assassinio di Enrico IV ed è riemerso solo al termine delle guerre iniziate da Luigi XIV quando l’abate di Saint-Pierre lanciò il suo Progetto volto a rendere perpetua la pace tra i governanti cristiani. Questo progetto, che venne presentato al Congresso di Utrecht (1713), consisteva nell’adozione integrale di tutte le decisioni prese in tale occasione quale base definitiva sulla questione della definizione dei confini tra i paesi belligeranti, e la creazione di una lega europea delle nazioni (una Federazione Internazionale) la cui missione fosse quella di prevenire i conflitti.

Indipendentemente da questa utopia, a quel tempo l’accordo più importante era naturalmente costituito dal trattato di pace di Vestfalia, firmata nel 1648 alla fine della Guerra dei Trent’anni, condotta sotto l’egida della religione, con un conseguente accumulo di odi e la distruzione del 40% della popolazione.

I negoziati durarono quattro anni (1644-1648). Alla fine, i negoziati consacrarono l’uguaglianza tra tutte le parti in conflitto, sia cattolica che protestante, repubblicana o monarchica.

Il Trattato di Westfalia statuisce quattro principi fondamentali:
 1. La sovranità assoluta dello stato-nazione, e il diritto fondamentale all’autodeterminazione politica.
 2. L’uguaglianza giuridica tra gli stati-nazione. Lo stato più piccolo è, quindi, pari al più grande, a prescindere dal-la sua debolezza o dalla sua forza, dalla sua ricchezza o povertà.
 3. Il rispetto dei trattati e l’emergere di una legge internazionale vincolante.
 4. La non interferenza negli affari interni degli altri stati.

Certamente questi sono principi generali che non determinano una sovranità assoluta, e che non sono mai prima esistiti. Tuttavia questi principi delegittimano le azioni che possono abolire la sovranità. I filosofi politici avevano tutti sostenuto questi progetti. Rousseau chiese con tutte le sue forze di costituire un unico stato contrattuale che raggruppasse tutti i paesi europei. Kant aveva pubblicato nel 1875 Verso la pace perpetua. Per lui, la pace è una figura giuridica che richiede la codifica di una legge generale applicabile a tutti gli Stati. L’utilitarista inglese Bentham aveva stigmatizzato la diplomazia segreta, in quanto che essa si sottrae al diritto. Egli aveva anche auspicato la creazione di un’opinione pubblica internazionale in grado di costringere i governi a rispettare le risoluzioni internazionali e a ricorrere all’arbitrato.

Trattato di Westfalia

LA CREAZIONE DI ISTITUZIONI DI REGOLAMENTAZIONE INTERNAZIONALI

Klemens Wenzel von Metternich (1773-1859)

L’idea di un ordine internazionale è andata avanti costantemente, ma sempre in base alle regole sulla sovranità adottate dalla Pace di Westfalia. Ha dato i natali alla Santa Alleanza proposta dallo zar Alessandro I nel 1815, e al progetto di Concert européen proposto dal cancelliere austriaco Metternich nel XIX secolo al fine di evitare "la rivoluzione", che nel linguaggio politico razionale significa il caos.

E’ da questo momento che gli stati cominciarono a organizzare vertici per risolvere i problemi al di fuori della guerra, favorendo l’arbitrato e la diplomazia.

E’ in questa prospettiva che dopo la Prima Guerra Mondiale è stata fondata la Società delle Nazioni (SdN). Ma questa era nulla più che il concretarsi dei rapporti di forza del momento, al servizio dei vincitori di questa guerra. I suoi valori morali erano dunque relativi. Così, nonostante l’obiettivo dichiarato di voler risolvere le controversie tra le nazioni con un arbitrato piuttosto che con la guerra, essa ha dichiarato la propria competenza nella gestione dei popoli sottosviluppati o colonizzati – politicamente, economicamente e amministrativamente – fino al momento della loro autodeterminazione.

È questo che, naturalmente, ha portato alla legittimazione dei mandati. Nel prendere questa posizione, la Lega delle Nazioni incarnava la realtà coloniale.

L’artificiosità di questa organizzazione si è dimostrata quando si è scoperta incapace di far fronte a gravi eventi internazionali come la conquista della Manciuria da parte del Giappone, quella dell’Abissinia (Etiopia) e l’annessione di Corfù (Grecia) da parte dell’Italia, ecc.

Società delle Nazioni

Sebbene l’idea della Lega, concepita da Leon Bourgeois, sia stata promossa dal presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson, Washington non vi ha mai aderito. Chiamati a parteciparvi, Giappone e Germania si sono ritira-ti. Così che l’istituzione si è rivelata priva di valore.

Il successore della Lega, le Nazioni Unite, sono state un riflesso della Carta Atlantica firmata dagli Stati Uniti e dal Regno Unito il 4 agosto 1941, e della Dichiarazione di Mosca, adottata dagli Alleati il 30 ottobre 1943, quando annunciarono la creazione di "una struttura organizzativa basata sul principio di uguaglianza sovrana di tutti gli Stati amanti della pace". Il progetto è stato sviluppato in occasione della Conferenza di Dumbarton Oaks a Washington dal 21 agosto al 7 ottobre 1944. I principi della Carta Atlantica sono stati anche oggetto di approvazione nel corso della Conferenza di Yalta (4-12 febbraio 1945), prima di essere sanciti nella Conferenza di San Francisco (il 25 e 26 giugno 1945).

L’ideologia della globalizzazione viene poi sancita dall’ONU sin dalla sua creazione, quando ha affermato di prevedere un sistema collettivo di sicurezza per tutti, compresi gli Stati che non ne sono membri. In realtà, l’ONU non è molto diverso dalla SdN, non è una associazione contrattuale tra eguali, ma un riflesso dei rapporti di potere del momento a profitto dei suoi vincitori.

Detto questo, tutto il mondo si è inchinato a quella volontà.

Questa organizzazione, che si è voluta mondiale, era in pratica l’espressione del desiderio di dominio delle potenze vincitrici a scapito della volontà popolare che non venne presa in considerazione.

Questa realtà geopolitica è stata confermata al momento della creazione del Consiglio di Sicurezza che è composto dalle cinque maggiori potenze (i vincitori) come membri permanenti, e di altri membri, non permanenti, ma eletti secondo criteri geografici, con una conseguente rappresentazione subalterna dell’Africa e dell’Asia.

Il fallimento di questo sistema si è rivelato durante la Guerra Fredda. Il conflitto tra le due superpotenze è stato imposto alle potenze minori che ne hanno sopportato tutte le conseguenze a livello locale e regionale. Questa strutturazione dei ruoli è apparsa evidente nel funzionamento delle Nazioni Unite nei confronti di qualsiasi domanda di adesione per il trattamento dei conflitti, come si è visto per quanto riguarda la Palestina, la Corea, la nazionalizzazione del petrolio iraniano, la crisi del Canale di Suez, l’occupazione israeliana, il Libano ecc.

L’ONU è stata creata proclamando "la fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne così come delle nazioni grandi e piccole, al fine di creare le condizioni necessarie per il mantenimento della giustizia e per il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e da altre fonti del diritto internazionale". Tuttavia, il sistema di veto ha privato le altre nazioni del diritto di essere degli attori in modo eguale.

In definitiva, le istituzioni internazionali hanno sempre mostrato gli equilibri del potere, lontano da qualsiasi idea di giustizia in senso filosofico o morale.

Il Consiglio di Sicurezza è un direttorio mondiale (in continuità di quello instaurato da Metternich) che riserva la possibilità di imporre risoluzioni solo agli alleati vincitori della seconda guerra mondiale, e non a coloro che cercano la pace.

Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, si è rivelato cruciale per cambiare il sistema internazionale.

LA RIFORMA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI DA PARTE DEGLI USA

Leo Strauss (1899-1973)

In quel momento i discepoli di Leo Strauss hanno trionfato negli Stati Uniti con l’aiuto dei giornalisti neoconservatori. A loro avviso, la società è divisa in tre caste: i saggi, i signori e il popolo. I saggi, soli detentori della verità, ne rivelano una parte ai politici (i signori), mentre il popolo deve sottomettersi alle loro decisioni. Essi non hanno cessato di promuovere le loro idee e chiedono l’abrogazione dei principi del Trattato di Westfalia, ossia il rispetto della sovranità statale e la non ingerenza negli affari interni. Per imporre l’egemonia occidentale, costoro evocano un “diritto d’ingerenza umanitaria”, una “responsabilità di proteggere” che spettano ai saggi, posti in atto dai signori e imposto ai popoli. Nella revisione del vocabolario della Seconda Guerra Mondiale, si sono anche appellati a sostituire la "Resistenza" con dei negoziati. Nel 1999, gli appelli dei neoconservatori sono stati trasmessi in diversi paesi occidentali, tra cui Regno Unito e Francia. Tony Blair ha presentato l’attacco al Kosovo da parte della NATO come la prima guerra umanitaria della storia. In un discorso a Chicago, ha sostenuto che il Regno Unito non ha cercato di difendere i propri interessi, ma di promuovere valori universali. La sua dichiarazione è stata accolta molto positivamente sia da Henry Kissinger che da Javier Solana (che era allora segretario generale della NATO e anche dell’UE). Poco dopo, Bernard Kouchner è stato nominato l’amministratore ONU del Kosovo.

Non vi è alcuna differenza significativa tra la teoria straussiana e nazista. In Mein Kampf, Hitler aveva già stigmatizzato il principio della sovranità statale affermato dal Trattato di Westfalia.

In termini economici, questa visione ha già trionfato con FMI, Banca Mondiale e WTO. Fin dalla loro nascita, queste istituzioni hanno cercato di interferire nella situazione economica, finanziaria e di bilancio, in particolare sui più poveri e vulnerabili. Alcuni Stati arabi sono stati vittime della loro consulenza in materia di liberalizzazione economica, privatizzazione del settore pubblico e svendita delle risorse naturali.

Washington ha esitato sulla condotta da tenere dopo la scomparsa dell’URSS. A poco a poco gli Stati Uniti si sono affermati come unica superpotenza, come "iper-potere" nelle parole di Hubert Vedrine. Pertanto, si ritiene che il sistema delle Nazioni Unite ereditato dalla Seconda Guerra Mondiale sia stato superato. Essi non contenti di ignorare le Nazioni Unite, hanno poi cessato di adempiere ai propri obblighi finanziari(verso di loro), non hanno ratificato il Protocollo di Kyoto, si sono rifiutati di aderire alla Corte Penale Internazionale, e hanno ripetutamente umiliato l’Unesco.

Le idee stabilite con la Seconda Guerra Mondiale sono state spazzate via dagli attacchi dell’11 settembre 2001.

La Strategia di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti d’America, enunciata dal presidente George W. Bush, il 20 settembre 2002, ha proclamato un nuovo diritto, quello della "azione militare preventiva contro gli stati canaglia".

La strategia statunitense è stata accompagnata da uno sconvolgimento concettuale.
 La nozione di Resistenza, dopo quella francese all’occupazione nazista, è stato delegittimata a favore di un esigenza di risoluzione dei conflitti tramite negoziazione, indipendentemente dai diritti inalienabili delle parti. Allo stesso modo, il concetto di terrorismo, mai definito nel diritto internazionale, è stato utilizzato per delegittimare qualsiasi gruppo armato in conflitto con uno Stato, qualunque siano le cause di questo conflitto.
 Abrogando le convenzioni di guerra, Washington ha rinviato all’interesse del momento gli "omicidi mirati" che aveva cessaato dopo la guerra del Vietnam e che Israele ha praticato per oltre un decennio. Secondo i loro giuristi, non sarebbero a rigore un "assassinio", ma un "omicidio per legittima difesa", anche senza alcuna necessità di proteggersi, né concomitanza di minaccia e reazione, né proporzionalità della risposta.
 La “ingerenza umanitaria”, o la “responsabilità di proteggere” sono state collocate al di sopra della sovranità degli Stati.
 Infine, ha fatto la sua apparizione la nozione di Stati canaglia .

Bernard Lewis (1916 - )

Questi Stati canaglia sono definiti tali da quattro criteri che sono rilevanti solo per supposizioni e per processi alle intenzioni:
• I loro leader opprimono il loro popolo e saccheggiato i loro averi.
• Non rispettano il diritto internazionale e costituiscono una minaccia permanente per i loro vicini.
• Sostengono il terrorismo.
• Odiano gli Stati Uniti e i suoi principi democratici.

Con un decennio di ritardo dalla scomparsa dell’URSS gli Stati Uniti hanno lanciato il loro rimodellamento delle relazioni internazionali. Per quanto concerne il Medio Oriente, il filosofo neoconservatore Bernard Lewis. e il suo discepolo Fouad Ajami, hanno enunciato i principali obiettivi: mettere fine al nazionalismo arabo colpendo i regimi tirannici che sono il cemento del mosaico tribale, settario e religioso. La distruzione e lo smembramento degli Stati di questa regione porterà al "Caos costruttivo", una situazione incontrollabile in cui ogni coesione sociale scompare e dove l’uomo viene restituito allo stato di natura. Queste società ritorneranno allora ad uno stadio pre-nazionale, o addirittura pre-storico, dal quale sorgeranno dei micro-Stati etnicamente omogenei e, per forza di cose, dipendenti dagli Stati Uniti. Uno dei leader straussiani, Richard Perle, ha assicurato che le guerre in Iraq e in Libano sarebbero state seguite da altre in Siria, Arabia Saudita con infine l’apoteosi in Egitto.

TRE TAPPE

In ogni caso, la costruzione del Nuovo Ordine Mondiale è passata attraverso diverse fasi.

1. Dal 1991 al 2002 una fase di incertezza. Washington ha esitato nell’affermarsi come unica superpotenza e nel decidere unilateralmente il destino del mondo. Anche se questo periodo ha attraversato più di un decennio, rappresenta solo un breve momento nella storia.

2. Negli anni 2003-2006, Washington ha cercato di applicare a tutti i costi la teoria del "caos costruttivo" al fine di ampliare la propria egemonia. Ha combattuto due guerre, uno con le proprie truppe in Iraq, l’altro per procura in Libano. La sconfitta israeliana nel 2006 ha temporaneamente interrotto questo progetto. Russia e Cina, hanno allora usato due volte il veto nel Consiglio di Sicurezza (riguardo a Myanmar e Zimbabwe) anche per manifestare timidamente il loro ritorno sulla scena internazionale.

3. Nel periodo dal 2006 ad oggi, il sistema unipolare ha ceduto il passo ad uno non-polare. La potenza si è dispersa. Cina, UE, India, Russia e Stati Uniti da soli rappresentano oltre la metà degli abitanti del mondo, il 75% del PIL mondiale ed effettuano l’80% delle spese militari. Questo dato di fatto giustifica in qualche misura un sistema multipolare a causa della persistente concorrenza tra questi due poli.

LA NEBULOSA DI UN MONDO NON-POLARE

È importante sottolineare che tali poteri devono affrontare le sfide provenienti sia dall’alto (le organizzazioni regionali e globali) che dal basso (le milizie, ONG, aziende multinazionali). Il potere è ovunque e da nessuna parte, in mani diverse, in diversi luoghi.

Oltre alle sei maggiori potenze mondiali, ci sono decine di potenze regionali. Si può portare ad esempio nell’America Latina il Brasile, e più o meno l’Argentina, il Cile, il Messico, il Venezuela. Nell’Africa, la Nigeria, il Sud Africa e l’Egitto. Nel Medio Oriente, l’Iran, Israele, l’Arabia Saudita. Il Pakistan, nel sud-est asiatico. Australia, Indonesia e Corea del Sud nell’Asia orientale e nel Pacifico occidentale.

Numerose organizzazioni intergovernative sono su questa lista di forze: il FMI, la Banca Mondiale, l’OMS e l’ONU in quanto tale. Le organizzazioni regionali come l’Unione africana, la Lega araba, l’ASEAN, la UE, l’ALBA, ecc. Per non parlare di club come l’OPEC.

Devono essere aggiunti alcuni Stati all’interno delle Nazioni Unite come la California o l’Uttar Pradesh [lo Stato più popoloso dell’India], e anche città come New York o Shanghai.

Ci sono anche aziende multinazionali, comprendenti quelle dell’energia e della finanza. E media globali come Al-Jazeera, BBC, CNN. E milizie come Hezbollah, l’Esercito del Mahdi o i Talebani. Bisogna aggiungere i partiti politici, le istituzioni religiose e i movimenti delle organizzazioni terroristiche, dei cartelli della droga, le ONG e le fondazioni. La lista è infinita.

World Economic Forum (Davos)

Gli Stati Uniti rimangono la principale concentrazione del potere. Le loro spese militari annuali sono stimate oltre i 500 miliardi di dollari. Questa cifra potrebbe raggiungere i 700 miliardi se si tiene conto del costo delle operazioni in corso, sia in Iraq che in Afghanistan. Con il loro PIL annuo, stimato in 14 miliardi di dollari, sono al primo posto nell’economia mondiale.

Tuttavia, la realtà del potere degli Stati Uniti non deve mascherare il suo declino sia in termini assoluti che relativi ad altri Stati. Come notato da Richard Haass, presidente del Council on Foreign Relations, il progresso di paesi come Cina, Russia, Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti ha raggiunto i 1.000 miliardi dollari all’anno. Questo è naturalmente dovuto al mercato dell’energia. Data l’esplosione della domanda da parte di Cina e India, tale importo continuerà a crescere. Il dollaro debole contro la sterlina e l’euro non si tradurrà solo in un deprezzamento del suo valore rispetto alle valute asiatiche, ma in una possibile trasformazione del mercato petrolifero che pagherà con un paniere di valute o in euro.

E quando il dollaro non sarà più la valuta di commercio del petrolio, l’economia statunitense si troverà vulnerabile alle crisi inflazionistiche e valutarie.

Due meccanismi di base hanno sostenuto la non-polarità del mondo:
• I flussi finanziari hanno trovato la loro strada al di fuori dei canali legali e senza che i governi ne avesse-ro conoscenza. Questo suggerisce che la globalizzazione indebolisce l’influenza delle grandi potenze.
• Questi flussi sono stati ampiamente utilizzati dagli Stati petroliferi per finanziare segretamente attori non statali.

Di conseguenza, in un sistema non polare, il fatto di essere il più forte Stato del mondo non garantisce il monopolio della forza. Qualsiasi tipologia di gruppi o di individui, può accumulare influenza.

Secondo il professor Hedley Bull, le relazioni internazionali sono sempre state un misto di ordine e caos. Se seguiamo la sua teoria, il sistema non polare crea da sé stesso la propria complessità. E questo è proprio quello che è successo.

Nel 2011, l’aggravamento delle tensioni sulla Libia ha dimostrato che il sistema non-polare non era più praticabile. Ne sono emersi due orientamenti concorrenti.

Il primo è degli USA. Esso mira a costruire un nuovo ordine mondiale che corrisponde alla strategia di Washington. Esso prevede l’abolizione della sovranità dello Stato stabilita dalla Pace di Westfalia, e la sua sostituzione con l’ingerenza umanitaria sia come legittimazione retorica che come cavallo di Troia dell’American way of life.

La seconda, sostenuta dalla Shanghai Cooperation Organization e dal BRICS, è sino-russa. È questai che ha preteso il mantenimento dei principi del Trattato di Westfalia, senza per questo volgersi indietro. Si tratta di determinare una nuova regola del gioco. Qualcosa che si basi sui due nuclei che ruotano attorno ad un certo numero di poli.

Chiaramente, il controllo delle risorse, compresa l’energia rinnovabile, è la porta ideale per la creazione di un nuovo sistema, il cui emergere è bloccato dal 1991.

E ’anche chiaro che il controllo delle rotte del gas e dei trasporti è il centro del conflitto in Siria. Senza dubbio, la polarizzazione dei poteri su questo argomento va certamente al di là delle cause interne, e supera la questione dell’accesso alle acque calde, o gli interessi logistici della base navale di Tartous.

L’IMPERATIVO ENERGIA

La battaglia dell’energia è stata la grande battaglia di Dick Cheney. L’ha condotta nel 2000-2008 nei confronti di Cina e Russia. Dopo, questa politica è stata perseguita da Barack Obama.

Per Cheney, la domanda di energia sta crescendo più rapidamente rispetto all’offerta, il che alla fine porta a una carenza. Il mantenimento del dominio degli Stati Uniti passa dunque in primo luogo attraverso il controllo delle rimanenti riserve di petrolio e gas. Inoltre, più in generale, se le relazioni internazionali attuali sono strutturate sulla geopolitica del petrolio, è la fornitura di uno stato che determina la sua ascesa o la caduta. Da qui il suo piano in quattro punti:
• Incoraggiare, a qualunque costo, ogni produzione locale tramite dei vassalli al fine di ridurre la dipendenza degli Stati Uniti nei confronti di tutti i fornitori non-amici a, in modo da aumentare così la libertà d’Azione di Washington.
• Controllare le esportazioni di petrolio dagli stati del Golfo arabo, non per accaparrarsele, ma per usarle come arma di pressione sui clienti e sugli altri fornitori.
• Controllare le vie marittime in Asia, vale a dire gli approvvigionamenti di Cina e Giappone, non solo di petrolio, ma anche di materie prime.
• Incoraggiare la diversificazione delle fonti di energia utilizzate in Europa al fine di ridurre la dipendenza europea verso il gas russo e l’influenza politica che Mosca persegue.

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Ma gli americani hanno fissato come obiettivo primario la loro indipendenza energetica. Questo era il senso della politica sviluppata da Dick Cheney dopo ampie consultazioni con i giganti energetici, nel maggio 2001. Esso passa attraverso una diversificazione delle fonti locali: olio, gas domestico, carbone, energia idroelettrica e nucleare. E con un rafforzamento degli scambi con i paesi amici dell’emisfero occidentale, tra cui Brasile, Canada e Messico.

L’obiettivo secondario è quello di controllare il flusso di petrolio nel Golfo Arabico. Questa è stata la ragione principale nell’innescare prima Desert Storm (1991), e poi l’invasione dell’Iraq (2003).

Il piano di Cheney è focalizzato sul controllo delle vie marittime: lo Stretto di Hormuz (attraverso il quale passa il 35% del commercio mondiale di petrolio), o dello Stretto di Malacca. Ad oggi, questi vie marittime sono essenziali per la sopravvivenza economica di Cina, Giappone, Corea del Nord e anche Taiwan. Questi corridoi permettono di portare energia e materie prime per le industrie in Asia, e di esportare manufatti verso i mercati mondiali. Controllandole, Washington si garantisce la lealtà dei suoi principali alleati asiatici e al contempo limita l’ascesa della Cina.

L’attuazione di questi obiettivi geopolitici tradizionali ha portato gli USA a rafforzare la loro presenza navale nella regione Asia-Pacifico, e di entrare in una rete di alleanze militari con Giappone, India e Australia. Sempre col fine di contenere la Cina.

Washington ha sempre considerato la Russia come una concorrente geopolitica. Ha colto ogni occasione per ridurre il suo potere e la sua influenza. In particolare, temeva la crescente dipendenza dell’Europa occidentale dal gas naturale russo, il che poteva influenzare la sua capacità di gestire i movimenti di opposizione russi in Europa orientale e nel Caucaso.

Per offrire un’alternativa, Washington ha spinto gli europei ad approvvigionarsi nel bacino del Mar Caspio, mediante la costruzione di nuovi gasdotti attraverso Georgia e Turchia. Si trattava di aggirare la Russia con l’aiuto di Azerbaijan, Kazakhstan e Turkmenistan ed evitando l’uso di tubazioni della Gazprom. Da qui l’idea di Nabucco.

Per migliorare l’indipendenza energetica del suo paese, Barack Obama si è improvvisamente trasformato in un nazionalista autarchico. Ha incoraggiato lo sfruttamento di petrolio e gas in tutto l’emisfero occidentale, a prescindere dai pericoli della perforazione in zone ecologicamente fragili, come la costa dell’Alaska e del Golfo del Messico, e con l’utilizzo di qualsiasi tecnica, come il fracking.

Nel suo discorso sullo stato della Nazione 2012, il presidente Obama ha detto con orgoglio:

"Negli ultimi tre anni abbiamo aperto milioni di acri di terra alla prospezione di petrolio e gas. Stasera ho chiesto all’amministrazione di aprire oltre il 75% delle risorse di petrolio e di gas in mare aperto. Ora, in questo momento, la produzione di petrolio degli Stati Uniti è la più alta da otto anni. E’ vero. Da otto anni. E non è tutto. Lo scorso anno, la nostra dipendenza dal petrolio estero è diminuita ed ha raggiunto il livello più basso da sedici anni".

Parlava con particolare entusiasmo, l’estrazione di gas naturale per cracking di scisti bituminosi: "Abbiamo riserve di gas naturali che preservano l’America per cento anni".

Nel marzo del 2011, Washington ha aumentato le sue importazioni dal Brasile per diminuire quelle dal petrolio del Medio Oriente.

In effetti, Washington ha continuato a garantire il controllo degli Stati Uniti su importanti vie marittime che si estendono dallo Stretto di Hormuz a sud del mare della Cina, e a costruire una rete di basi e di alleanze che circondano La Cina, l’emergente potere globale, sotto forma di un arco che va dal Giappone alla Corea del Sud, all’Australia, al Vietnam e le Filippine nel sud-est, poi in l’India, nel sud-ovest. Tutto coronato da un accordo con l’Australia per costruire una struttura militare a Darwin, sulla costa nord, vicino al Mar Cinese Meridionale.

Washington sta cercando di includere l’India in una coalizione di paesi della regione ostile alla Cina e col fine di strappare New Delhi nelle mani di BRICS, una strategia di accerchiamento della Cina che causerebbe un problema molto grave a Pechino.

Gli studi hanno dimostrato una ripartizione inattesa delle riserve di gas mondiali. La Russia è al primo posto con 643 miliardi di metri cubi nella Siberia occidentale. In secondo luogo, l’Arabia, compreso il deposito di Ghawar, con 426 miliardi di metri cubi. Poi nel terzo, il Mediterraneo con 345 miliardi di metri cubi di gas che devono essere aggiunti ai 5,9 miliardi di barili di gas liquido, e ancora agli 1,7 miliardi di barili di petrolio. Per quanto riguarda il Mediterraneo, esso è principalmente in Siria. Il deposito scoperto a Qara può raggiungere i 400.000 metri cubi al giorno, il che rende il paese il quarto più grande produttore nella regione, dopo Iran, Iraq e Qatar.

Il trasporto del gas dalla cintura di Zagros (Iran) verso l’Europa dovrà passare attraverso l’Iraq e la Siria. Questo ha completamente invertito i progetti americani e consolidato i progetti russi (Nord Stream e South Stream). Il gas siriano è sfuggito a Washington, e non gli resta che ripiegare sul gas libanese.

La guerra continua ...

Traduzione
OldHunter
Fonte
ComeDonChisciotte.org (Italia)