Finalmente una buona notizia: l’Italia ha rafforzato il suo posizionamento in tutti i quadranti fondamentali dello scacchiere globale, dal Medio Oriente all’Asia. Lo annuncia Monti nella sua agenda, precisando che ciò è reso possibile dalla presenza delle forze armate italiane nelle operazioni di pace nel mondo e da uno strumento diplomatico di eccellenza.
L’Italia può dunque andare «a testa alta nel mondo». Monti non dorme però sugli allori e si propone, presiedendo un nuovo governo, di fare di più e di meglio: anzitutto rinsaldare fortemente il legame transatlantico con gli Stati uniti.
Allo stesso tempo, forte della sua collocazione geografica al centro del Mediterraneo, l’Italia deve guardare con più coraggio e con una visione strategica ai grandi cambiamenti della primavera araba e sostenere i percorsi di vera democratizzazione. Il programma di governo è dunque tracciato. In esso, spiega Monti, svolge un ruolo rilevante l’azione sul fronte internazionale, poiché il destino di ogni paese non si decide più nei suoi confini ma è strettamente intrecciato a quello del sistema di relazioni globali in cui è inserito.
È chiaro quale dovrà essere il «destino» dell’Italia: legarsi ancora più strettamente al carro da guerra degli Stati uniti, mettendo il nostro territorio ancor più a disposizione dei comandi e delle forze armate statunitensi, e partecipando, sotto comando Usa, a nuove guerre di aggressione con la motivazione ufficiale (ripetuta nell’agenda) del «contrasto al terrorismo internazionale».
Riguardo al sostegno che l’Italia dovrà dare, ancor più di oggi, ai «percorsi di vera democratizzazione» in Nordafrica e Medio Oriente, basta ricordare il ruolo che essa ha svolto nella guerra contro la Libia e quello che sta svolgendo, nel quadro della Nato, per far crollare la Siria con forze comandate, armate e infiltrate dall’esterno. E la strategia Usa/Nato prepara altre guerre, man mano che il suo centro focale si sposta verso est per contrastare la Cina e la Russia.
Assumendo crescenti compiti nel quadro di tale strategia, l’Italia potrà realizzare anche l’altro obiettivo enunciato nell’agenda, quello di rafforzare la sua posizione dentro l’Unione europea. Una «unione» nella quale le maggiori potenze gareggiano per avere più peso militare. A cominciare dalla Germania il cui dispiegamento di forze militari all’estero – ha dichiarato Angela Merkel agli inizi del 2013 – «coprirà presto l’’intero globo», la cui industria è al terzo posto mondiale (dopo quelle di Usa e Russia) nell’esportazione di armamenti, i cui missili Patriot vengono schierati (insieme a 400 militari tedeschi) in Turchia per imporre di fatto la no fly zone alla Siria.
Tutto ciò richiede un’alta spesa militare, pagata dai cittadini europei attraverso i tagli alle spese sociali. Non sono però questi che il gruppo Pd alla camera ha criticato l’11 dicembre, ma il fatto che «l’efficienza dello strumento militare del nostro paese è stata messa a repentaglio dai tagli irresponsabili operati dal precedente esecutivo» (dal governo Berlusconi). Il Pd ha quindi approvato la scelta del governo Monti di «riqualificare» la spesa militare, «al fine di restituire efficienza e funzionalità alle forze militari». L’Italia è posizionata proprio bene.
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