Ormai sono 21 gli stati membri del Consiglio d’Europa su 47, a impugnare la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, nel caso del crocifisso nelle scuole.
Il caso infiamma l’Italia da diversi anni. La Sig.ra Soile Lautsi aveva chiesto che l’amministrazione della scuola pubblica dei suoi figli, rimuovesse i crocifissi dalle loro aule. Ciò è stato rifiutato e il caso era stato portato in tribunale. Nel 2005, il tribunale amministrativo italiano si era pronunciato contro la ricorrente, sulla base del fatto che "il crocifisso è un simbolo della storia e della cultura italiana, e dunque dell’identità italiana, e il simbolo dei principi di uguaglianza, libertà, tolleranza e anche della laicità dello Stato". Tuttavia, il 3 novembre 2009, la Corte di Strasburgo ha condannato la sentenza, dicendo che "l’esposizione obbligatorio del simbolo di una fede particolare, nell’esercizio del servizio pubblico, in particolare nelle aule, restringe il diritto dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni, e il diritto degli scolari a credere o a non credere".
Contestando questa decisione, Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Monaco, Romania, Russia, e San Marino hanno depositato delle memorie alla Corte, che li ha ascoltati il 30 Giugno 2010. A seguito di tale udienza, Albania, Austria, Croazia, Ungheria, Macedonia (FYROM), Moldova, Polonia, Serbia, Slovacchia e Ucraina hanno aderito alla contestazione.
Questa rivolta improvvisa dei governi contro la Corte si spiega con l’alleanza tra il Metropolita Hilarion (responsabile per le relazioni estere del Patriarcato ortodosso di Mosca), per conto del patriarca Cirillo I, e Papa Benedetto XVI, dello scorso maggio. Le chiese separate, cattolica e ortodossa, hanno deciso di unire i loro sforzi contro la secolarizzazione delle società europee.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
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