Il presidente Emmanuel Macron annuncia lo scioglimento del parlamento francese.

Lo scioglimento dell’Assemblea nazionale

Lo scioglimento dell’Assemblea nazionale francese, annunciato dal presidente Emmanuel Macron dopo l’esito delle elezioni europee, precipita la Francia nel caos. I commentatori si chiedono cosa abbia spinto il presidente della repubblica, il cui partito dovrebbe uscire significativamente ridimensionato dalle elezioni legislative, a commettere questo suicidio politico. Ovviamente non trovano risposta, probabilmente perché la domanda è mal posta.

Da parte mia sto valutando l’ipotesi che non sia stato Macron a prendere la decisione, ma gli investitori che lo hanno piazzato all’Eliseo. Il loro problema non è far durare l’attuale presidente, irrimediabilmente screditato, ma lanciare il prossimo: un successore in grado di perseguire la stessa politica, ma con un nuovo linguaggio: una volta al potere proseguirà lo stesso operato a scapito dei francesi.

Le elezioni europee hanno già permesso di testare Raphaël Glucksmann. Ex marito di Eka Zgouladze, ministra dell’Intero di Mikhail Saakashvili (Georgia), poi viceministra dell’Interno di Petro Poroshenko (Ucraina), Glucksmann oggi vive con la giornalista franco-libanese Léa Salamé, nipote del gioielliere armeno Robert Boghossian, nonché figlia dell’ex ministro libanese Ghassan Salamé.

Raphaël Glucksmann è nipote della filosofa Jeannette Colombel, ex stalinista che divenne amica di Jean-Paul Sartre, di Michel Foucault e di Gilles Deleuze. Inoltre Raphaël è figlio dell’esponente della nouvelle philosophie André Glucksmann, che fu al soldo della Freedom House [1].
Raphaël Glucksmann professa la stessa russofobia viscerale professata dalla nonna dopo il 1968 e dal padre. Secondo i suoi “donatori” sarebbe un buon successore di Macron.

Ricordo che, come scrissi sei anni fa, ritengo Macron non un Rothschild Boy, ma un prodotto di Henry Kravis, [2]. Dopo la sua elezione, la moglie di Henry Kravis diventò presidente del Gruppo Bilderberg e il nostro amico Xavier Niels (Free), che svolse un ruolo centrale nello sfruttamento delle condizioni che portarono all’elezione di Macron [3], attuale genero di Bernard Arnault (LVMH), fu nominato amministratore del fondo di investimento Kravis (KKR).

L’inevitabile caos

Il periodo che ci attende è all’insegna del caos. Tre forze politiche sono in lizza, ma nessuna propone un’analisi della situazione: la Francia è in stallo. Meglio vivere di sussidi piuttosto che lavorare per uno stipendio misero. Alla fine del 2023 il debito pubblico era di 3.101 miliardi di euro, ossia il 110,6% del PIL. L’amministrazione pubblica è molto costosa, ma offre servizi di qualità mediocre.
Le forze armate non resisterebbero tre giorni contro la Russia. La polizia è sopraffatta nelle colonie di Nuova Caledonia e Mayotte [4] e rinuncia a entrare in alcuni quartieri della Francia continentale. La giustizia impiega anni per emettere una sentenza e le prigioni sono sovraffollate, a volte oltre il 250% [5]. Un gran numero di giovani con un diploma sa decifrare un testo, ma non sa leggere un libro. Il personale ospedaliero passa un terzo del tempo lavorativo a compilare moduli e gliene rimane poco per occuparsi dei pazienti. Le frodi, in particolare quelle previdenziali e fiscali, hanno raggiunto livelli record. La vendita illegale di droga ha un ruolo economico talmente importante (circa tre miliardi di euro) da essere inclusa nel calcolo del PIL. Le disuguaglianze sono abissali: mentre quasi tre milioni di francesi (4,25% della popolazione) sono milionari in dollari [6], quasi un terzo dei francesi vive con meno di 100 euro a partire dal 10 del mese [7].

Non c’è un responsabile particolare di questa situazione disastrosa, però nessuno ha fatto nulla per evitarla. Viviamo in un periodo di transizione verso una società informatizzata in cui i principi organizzativi della società industriale non funzionano più, quindi non ci permettono di governare, per quanta sia la maestria con cui gestiamo. Dobbiamo inventare qualcosa che ancora non conosciamo.

I partiti politici e i sindacati, organizzati in modo piramidale, propongono solo soluzioni dell’èra industriale, ossia soluzioni concepite in un passato il cui prolungamento è esattamente il problema.

Questa situazione non è peculiare della Francia, ma comune a tutti i Paesi beneficiati dall’èra industriale e che, a eccezione della Russia, costituiscono l’“Occidente collettivo”. La Russia è un caso particolare in quanto, pur avendo fatto parte di questi beneficiari, è crollata dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica e si è poi ricostruita fuori dal vecchio modello. Non so come evolverà, ma è aperta a tutto. Forse questa sua resilienza spiega l’attuale diffusa russofobia.

Torniamo alle tre forze in campo: l’Unione delle destre attorno al Rassemblement National; la conservazione del sistema attorno a Emmanuel Macron; il Front Populaire in procinto di preparare un’èra Glucksmann.

• L’Unione delle destre attraversa una duplice crisi. Da un lato Reconquête è divisa tra il fondatore, Eric Zemmour, e le sue vedette che, attorno a Marion Maréchal-Le Pen, si alleano al Rassemblement National; dall’altro Les Républicains, divisi tra i militanti e il presidente Éric Ciotti, che aspirano a questa unione, e i notabili che invece la rifiutano. Il destino di Reconquête è segnato perché Zemmour è solo; il destino dei Républicains si gioca invece nei tribunali perché, in una riunione massonica molto discreta, l’ufficio politico del partito ha deciso illegalmente di escludere il suo presidente.
• Il campo di Emmanuel Macron, battezzato Ensemble pour la République (Insieme per la Repubblica), non può contare sul bilancio  catastrofico  della sua amministrazione per fare campagna elettorale. Quindi punta sulla paura che possono suscitare negli elettori gli avversari. Come questi ultimi anche Macron non ha soluzioni, ma sostiene di poter frenare la caduta del Paese.
• Il Nouveau Front populaire (Nuovo Fronte popolare) riunisce partiti politici che fino a poco tempo fa si dichiaravano inconciliabili. Solo la paura di un disastro elettorale li ha indotti a concludere un accordo. La divisione non è avvenuta tra i partiti, ma all’interno di uno di essi. Poche ore dopo la pubblicazione della lista dei candidati, cinque ex deputati di La France insoumise (LFI) (La Francia indomita) che ne erano stati esclusi hanno denunciato l’atteggiamento dittatoriale del fondatore del partito [Jean-Luc Mélenchon]. Questo è il loro punto di vista. Possiamo anche notare che gli esclusi sono gli unici oppositori da sinistra a rifiutare l’irresistibile ascesa di Raphaël Glucksmann.

Nessuna di queste tre coalizioni propone di adattare le regole del gioco alle esigenze dei tempi. Tutti i loro militanti, disorientati, si aggrappano a poche idee non più adatte ai tempi attuali, persino a convinzioni non condivise dalla maggioranza degli altri cittadini.

Sul suo sito web, Ressemblement National mette in evidenza tre temi:
• denuncia uno studio del governo sui risparmi che si otterrebbero con la deindicizzazione delle prestazioni sociali e delle pensioni;
• denuncia il divieto imposto dal governo alle imprese israeliane di partecipare alla fiera della difesa e della sicurezza, Eurosatory;
• infine annuncia la presentazione di un ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione europea contro le decisioni del Consiglio europeo sulla distribuzione dei nuovi immigrati negli Stati membri e le multe imposte agli Stati che si rifiutano di accoglierli.
Sono inoltre pubblicati tre comunicati volti a mettere in evidenza l’attenzione del partito alla difesa del tenore di vita dei francesi e alla lotta all’immigrazione, nonché a denunciare il messaggio subliminale per cui l’attuale xenofobia del partito supererebbe ormai l’antisemitismo dei fondatori.

Renaissance, il partito di Macron, ha un sito internet succinto che delinea 12 valori, tra cui progresso, iniziativa territoriale e femminismo; valori i cui contenuti annuncia di precisare meglio in seguito. Non è chiaro come si riuscirà a conciliare alcuni di essi, per esempio Europa e Nazione, Repubblica e laicità. Non importa: i militanti hanno bisogno di slogan, non di riflessione.

I 12 partiti di sinistra ed ecologisti s’insultavano non più di una settimana fa. Ciò malgrado sono riusciti ad abborracciare in quattro giorni una coalizione, il Nouveau Front Populaire. Hanno anche firmato un programma comune, che ha il merito di esistere, ma si percepisce redatto frettolosamente. Ogni partito ha inserito i propri temi prediletti, senza risolvere le contraddizioni. Fa niente: gli elettori verranno condizionati dai numerosi slogan contenuti nel programma. Per inciso, il sostegno all’Ucraina contro la Russia è stato approvato da tutti.

I 12 siti web dei partiti della coalizione mettono in risalto la comune credenza nell’origine umana del cambiamento climatico e i loro riferimenti storici alle lotte sociali, ma evitano di segnalare la contrapposizione ai programmi degli altri. È un po’ sorprendente vedere una milizia trotzkista, La Jeune Garde Antifasciste (JGA) (La Giovane Guardia Antifascista), e un partito indipendentista, Euskal Herria Bai (EHB) (Sì ai Paesi Baschi) nella stessa coalizione.

La divisione in tre blocchi tutto sommato esprime un’offerta elettorale che non riflette vere e proprie spaccature. Ogni blocco produce pubblicità tematiche, ma nessuna analisi della crisi di civiltà, né tantomeno ipotizza una risposta. La retorica identitaria rifiorita durante la campagna presidenziale non riguardava la Nazione contrapposta all’Europa o all’immigrazione, ma i punti di riferimento che resteranno nella società del futuro.

Proiezione

È chiaro che i partiti politici non saranno in grado di rispondere alla crisi attuale, potranno solo medicare questa o quella ferita.
Il periodo di transizione sarà probabilmente lungo. La fine dell’Ancien Régime e l’inizio di una società basata sull’uguaglianza hanno richiesto 92 anni, di cui 10 di rivoluzione. Durante questo periodo i cittadini sono stati scossi più dalle passioni che dalla ragione. È quindi urgente accelerare la formazione alle scienze politiche e diffondere un’informazione pluralista.

Traduzione
Rachele Marmetti

[1« Freedom House : quand la liberté n’est qu’un slogan », par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 7 septembre 2004.

[2Verso chi è debitore Emmanuel Macron?”, di Thierry Meyssan, Traduzione Rachele Marmetti, Rete Voltaire, 11 dicembre 2018.

[3Mindfuck, Le complot Cambridge Analytica pour s’emparer de nos cerveaux, Christopher Wylie, Grasset (2020).

[4Il “Partito coloniale” francese non ha ancora digerito la perdita dell’Impero”, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 28 maggio 2024.