Il Generale McChrystal, che aveva creato gli squadroni della morte per eliminare i bersagli designati dal vice-presidente Cheney, non sopporta più il sistema da lui messo in piedi. L’attuale comandante in capo delle troppe in Afghanistan, vede la sua strategia perturbata dagli interventi segreti delle Forze speciali che sfuggono al suo controllo. Sollecita una riorganizzazione del sistema. Non per virtù, ma per ristabilire la sua autorità.
Il gen. Stanley McChrystal, comandante delle truppe Usa e Nato in Afghanistan, è preoccupato: le Forze per le operazio-ni speciali sono «responsabili di un gran numero di vittime civili ed operano secondo proprie regole» [1]
Tra gli ultimi episodi venuti alla luce c’è quello verificatosi in un villaggio della provincia di Paktia, dove è piombata di notte una squadra delle forze speciali Usa (non in uniforme) alla ricerca di due sospetti talebani. Ha invece ucciso il capo della polizia locale e un magistrato e, quando tre giovani donne hanno cercato di soccorrerli, sono state anch’esse ucci-se. Diversi testimoni raccontano di aver trovato le donne le-gate e imbavagliate e con tagli di coltello sul corpo.
A questo McChrystal ci è abituato: dal 2003 al 2008 ha di-retto il Comando congiunto per le operazioni speciali e, se-condo il giornalista investigativo Seymour Hersh (Premio Pulitzer), ha organizzato un «settore esecutivo per l’assassinio», collegato al vice-presidente Cheney, attivo soprattutto in Iraq e Afghanistan [2]. Ora però, nel suo nuovo incarico, McChrystal vuole porre le forze speciali sotto più stretto controllo per «ridurre le vittime civili» e quindi il «sentimento antiameri-cano» che aumenta tra la popolazione.
La cosa non è semplice. Sotto le operazioni belliche ufficia-li, è in corso in Afghanistan una guerra segreta in cui la Cia svolge un ruolo crescente. Essa ha costituito una rete di pic-cole basi, da cui operano gruppi di agenti per individuare i capi degli insorti ed eliminarli. Le informazioni sono spesso fornite da «contrattisti indipendenti» al servizio del Pentago-no e delle varie agenzie. Essi costituiscono un vero e proprio esercito ombra, il cui numero supera i 100mila, addetto a vari compiti.
Uno squarcio su queste operazioni segrete si è aperto quan-do il New York Times [3] ha riportato il caso di Mi-chael Furlog, un ex ufficiale ora impiegato civile del Penta-gono, che ha usato un fondo di decine di milioni di dollari, ufficialmente destinato a raccogliere informazioni su alcune aree tribali, per costituire una rete di contrattisti con il compi-to di individuare, nella zona di confine col Pakistan, «sospetti militanti» da eliminare. Sono state a tale scopo incaricate due agenzie private: la International Media Ventures, costituita da ex ufficiali delle forze speciali, che si occupa di «comunica-zione strategica e campagne mediatiche» per conto del Pen-tagono e di suoi comandi; la American International Security Corporation, anch’essa costituita ad ex militari e agenti segre-ti, che si occupa di «fornire sicurezza» a governi, agenzie e multinazionali.
Non si sa quanti «sospetti militanti» siano stati eliminati in base alle informazioni delle due agenzie, né in che modo esse siano state pagate (a forfait o in base al numero). Tantomeno si sa se, per aumentare il guadagno, esse abbiano indicato qualche povero pastore come un pericoloso capo talebano, da eliminare con un’azione delle forze speciali o, in maniera più asettica, con un missile lanciato da un aereo senza pilota co-modamente guidato con un joystick da una base negli Stati uniti.
[1] « U.S. Is Reining In Special Operations Forces in Afghanistan », di Richard Oppel et Rod Nordland, The New York Times, 16 marzo 2010.
[2] Dichiarazione di Seymour Hersh durante una conferenza all’Università di Minnesota, il 10 marzo 2009. Vedere anche: «’You can’t authorize murder’ : Hersh », intervista di Seymour Hersh con Abbas Al Lawati, Gulf News, 12 maggio 2009.
[3] « Contractors Tied to Effort to Track and Kill Militants », di Dexter Filkins et Mark Mazzetti, The New York Times, 14 marzo 2010.
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