Il presidente Bush ormai lo riconosce pubblicamente, i suoi discorsi di politica estera sono ispirati dagli slogan del vice primo ministro israeliano, Natan Sharansky. Vecchia spia degli USA in URSS, diventato leader dell’estrema destra in seno al Likud, questo uomo dalle molte facce ha inventato la retorica del colonialismo moderno: dalla Palestina e dall’Iraq alla Russia, bisogna democratizzare “con la punta del fucile”. E’ anche l’artefice delle campagne internazionali che accusano la Francia e il Belgio di antisemitismo.
Come ogni anno, Gérald Ford e Dick Cheney padroneggiavano il World Forum (foro mondiale) [1]. Davanti una platea prestigiosa, riunita dall’ “American Enterprise Institute” e dai suoi pseudopodi (come il Progetto per un Nuovo Secolo Americano), l’ex-refuznick Natanski, vice primo ministro d’Israele, ha presentato in tutta modestia il “piano Sharansky per la pace” [2].
Dopo aver commosso il pubblico dando la sua versione del suo percorso personale nelle prigioni sovietiche, egli ha spiegato il fallimento degli accordi di Oslo: in definitiva fu Yasser Arafat a rifiutare d’applicare gli accordi perché un dittatore ha sempre bisogno di un nemico per mantenersi. La pace passa per una prima trasformazione della società palestinese in una democrazia. Conviene dunque mandar via Arafat; istituire un governo provvisorio sotto il controllo degli Stati Uniti, dell’Egitto e della Giordania; smantellare le organizzazioni terroristiche; lanciare un piano Marshall per la Palestina; e alla fine di un lungo processo d’educazione, instaurare la democrazia e la pace.
Non è difficile distinguere là, sotto una forma appena ritoccata, il classico discorso del colonialismo, giustificando la sua occupazione con la necessità d’instaurare una tutela sulle popolazioni infantili. Tuttalpiù, l’oratore aveva rimpiazzato il vecchio concetto di "missione civilizzatrice" con quello di "democratizzazione", riprendendo in tutto la retorica razzista di Bernard Lewis sull’incapacità ontologica della società araba di assumere il proprio destino [3].
L’auditorio, che beveva tutto, si guardò bene dal ricordare che non sono i Palestinesi ad aver ucciso Yitzak Rabin e che Yasser Arafat è stato eletto democraticamente nel 1996. Nessuno fece neanche osservare che la trasformazione forzata della società palestinese è già in atto da tempo [4].
Entusiasmato da questi nuovi slogan, Paul Wolfowitz prese il suo vecchio amico Natan Sharansky in disparte.
Passeggiando insieme in quel magnifico sito, accompagnati dalle loro guardie del corpo e consiglieri, sotto gli occhi degli altri invitati, proclamarono la loro complicità.
Due giorni più tardi, il 24 Giugno 2002, il presidente George W. Bush annunciava in una conferenza stampa nei giardini delle rose della casa Bianca, che era tempo per Arafat di ritirarsi e per i Palestinesi di eleggere dei nuovi leaders che non fossero compromessi con il terrorismo. Tre settimane dopo, il 12 Luglio 2002, la Casa Bianca pubblicava un comunicato accusando i dirigenti iraniani di compromettere le libertà e i diritti dell’uomo, esortandoli a ritirarsi. Cosicché, il presidente di uno stato membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite chiedeva, in violazione della Carta di San Francisco, il rovesciamento del presidente dell’Autorità Palestinese e dei dirigenti della Repubblica Islamica dell’Iran, anche se tutti eletti democraticamente e riconosciuti dall’ONU.
La maggior parte dei commentatori, malgrado il loro imbarazzo, videro in questi interventi solo una maniera maldestra d’esprimersi. Rari furono quelli che capirono lo scompiglio che si era appena creato: gli Stati Uniti avevano appena adottato il punto di vista colonialista abbandonato dagli Europei da mezzo secolo; Natan Sharansky era diventato il "gourou" di George Bush, un influenza che sarebbe stata rivelata dal presidente statunitense soltanto nel 2005 [5].
Prima di essere conosciuto sotto il nome di Natan Sharansky, il nuovo ideologo fece la "uno" dei giornali sotto il nome di Anatoly Sharansky. Cittadino sovietico, nato il 20 gennaio del 1948 in Ucraina da padre giornalista, fece gli studi di fisica e di matematica. Nel 1973, chiede d’emigrare in Israele, ma si vede rifiutare l’autorizzazione come per tutte le persone impiegate nell’industria degli armamenti, un motivo di rigore all’epoca. Allora partecipa alla campagna partita dagli Stati Uniti da parte del Senatore Henry "Scoop" Jackson, per obbligare l’URSS a lasciare emigrare i suoi ebrei verso Israele. Riesce così ad allacciare dei contatti con gli assistenti e collaboratori del senatore: Richard Perle, Elliott Abrams, Douglas Feith, Abram Shulsky, Paul Wolfowitz.
Nel 1977 è arrestato, accusato di spionaggio per gli Stati Uniti, e condannato a 13 anni di carcere. Ma, 9 anni più tardi, egli beneficia d’uno scambio di spie e ritrova la libertà. Allora fa il suo Aliyah e si costruisce in Israele un’immagine d’ebreo perseguitato dall’ "Impero del Male", attribuendosi il soprannome di "prigioniero di Sion". Nel 1988 crea un foro sionista, il cui obiettivo è di rinforzare la popolazione d’Israele facendo appello agli ebrei sovietici e aiutandoli ad integrarsi. Riceve la medaglia della libertà dalle mani del Presidente Ronald Reagan nel 1989. Progressivamente la sua associazione si sviluppa e nel 1995 dà la nascita ad un partito d’estrema destra, il Yisrael B’aliyah, il quale finirà per fondersi nel Likud.
Per altro, fonda con il suo amico Douglas Feith e qualche altro, una associazione per impedire la restituzione di Gerusalemme-Est, illegalmente occupata: One Jerusalem. Su questo tema, raggruppa una petizione di 100 000 Israeliani. Milita anche apertamente per la deportazione dei Palestinesi.
Entra come deputato alla Knesset e raggiunge il governo di Benjamin Nétanyahou nel 1996, come ministro del Commercio e dell’Industria. Sarà successivamente ministro degli Interni per Ehud Barak, poi vice primo ministro del governo d’Ariel Sharon incaricato di Gerusalemme e della Diaspora.
A settembre 2001, l’ONU organizza a Durban (Sudafrica) una conferenza mondiale contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l’intolleranza. Numerose delegazioni riprendono una risoluzione del 1975 qualificando il sionismo come razzismo. Israele e gli Stati Uniti sabotano la conferenza e impediscono che venga adottata una risoluzione finale. Questa polemica è brutalmente catalogata di secondo ordine in seguito agli attentati di Manhattan. Natan Sharansky sviluppa allora un parallelo tra l’anti-americanismo, l’anti-sionismo e l’anti-semitismo. Per sua proposta, il gabinetto israeliano affida al rabbino Michael Melchior, vice-ministro degli Affari Esteri, la creazione di un gabinetto di relazioni pubbliche incaricato di diffondere questo slogan alla stampa occidentale.
Sotto gli auspici del Premio Nobel Elie Wiesel, si fanno i porta-parola di questo slogan il giornalista ungherese Matyas Vince, l’ex vice-Primo Ministro di Svezia, Per Ahlmark e il futuro ministro canadese della Giustizia, Irwin Cotler, ma nascondendono il vero carattere propangandistico pro-Israele dello slogan. Vengono aperti degli uffici discreti ed efficaci in numerose capitali.
In guisa della tensioni diplomatiche che Israele incontra con certi Stati occidentali, questa "commissione di lotta contro l’antisemitismo" esercita delle pressioni su questi Stati organizzando delle campagne di denuncia del loro supposto antisemitismo. Rapidamente la commissione concentra la sua azione contro la Francia e il Belgio. Il 30 Gennaio 2005, il segretariato di Ariel Sharon annuncia che la "commissione di lotta contro l’antisemitismo" sarà elevata al livello d’organo ministeriale e d’ora in avanti gestito direttamente da Natan Sharansky [6].
A settembre 2004 Sharansky pubblica, con l’aiuto di Roin Demer, "La Causa della democrazia. La potenza della libertà per rovesciare le tirannia e il terrore" Propone di classificare gli Stati in due categorie secondo i loro risultati alla "prova della piazza pubblica": se chiunque può andare sulla piazza principale della capitale e tenere dei propositi contestatari senza timore, allora quel paese è una nazione libera, altrimenti è una nazione di paura. Le prime sono delle democrazie, le seconde delle tirannie. Poi Sharansky spara qualche sentenza: " ogni uomo aspira alla libertà, le democrazie sono pacifiche, sono le tirannie che dichiarano le guerre; i tiranni s’inventano dei nemici per installare la paura nelle loro popolazioni e giustificare il loro autoritarismo ". Questo è semplicistico, ma ha il vantaggio di permettere di giustificare altrettanto bene l’occupazione della Palestina da parte d’Israele che quella dell’Iraq da parte degli Stati Uniti. D’altronde permette d’affermare qualunque scempiaggine ; per esempio : invadere uno Stato per la " democrazia " prova che siamo noi stessi una democrazia pacifica ; e ancora : siccome tutti gli uomini aspirano alla libertà, non c’è paese che non abbiamo il dovere d’invadere per "democratizzarlo", ed ancora : i popoli che temono la nostra politica sono manipolati dai loro dirigenti che sono dei tiranni ; ecc..ecc..
A Novembre Natan Sharansky è ospite di George W. Bush alla Casa Bianca. Il presidente, che avrebbe cominciato la lettura dell’opera e pretenderebbe d’essere arrivato alla pagina 221, discute con lui appassionatamente . Il 12 Gennaio 2005, il Washington Times pubblica una intervista con il presidente degli Stati Uniti. Costui dichiara : " Se volete aver un idea di quello che penso in politica estera, leggete il libro di Natan Sharansky, La Causa della Democrazia. E’ un grande libro". Il 18 Gennaio, Condoleezza Rice, interrogata dal Senato prima d’essere confermata come Segretario di Stato, dichiara che la missione dell’America è di espandere la libertà e la democrazia nel mondo intero.
Il 20 Gennaio è il discorso d’investitura del secondo mandato. Il mondo stupefatto ascolta George W. Bush spiegare che è giunto il momento di democratizzare tutti i recalcitranti con la punta del fucile. Il Washington Post rivela che il ministro israeliano ha aiutato a redigere il discorso [7].
Interrogato a proposito di tale influenza, il 23 Febbraio 2005 in Germania alla vigilia dell’incontro con Vladimir Putin a Bratislava, il presidente degli Stati Uniti la conferma lungamente e precisa senza imbarazzo che il suo progetto di " democratizzazione " concerne anche la Russia. A partire del 28 Febbraio Natan Sharansky comincerà un giro in Europa durante il quale si esprimerà in 8 grandi università. Nessun intervento è previsto a Parigi, quello di Berlino è stato appena annullato per paura di manifestazioni che potrebbe suscitare. Al " test della piazza pubblica " dunque, la Francia e la Germania hanno appena fallito. Senza dubbio hanno bisogno d’essere " democratizzate " dai G. americani.
Traduzione de Ernesto Carmona, http://www.comedonchisciotte.org
[1] "L’Institut américain de l’entreprise à la Maison-Blanche", Reseau Voltaire, 21 giugno 2004.
[2] Democracy for Peace di Natan Sharansky, AEI World Forum, 20 giugno 2002.
[3] "La Guerre des civilisations" di Thierry Meyssan, Reseau Voltaire, 4 giugno 2004.
[4] "Faire la paix avec les États, faire la guerre contre les peuples" (Fare la pace con gli stati, fare la guerra contro i popoli) di Youssef el-Aschkar, Reseau Voltaire, 19 giugno 2003.
[5] Cependant Newsweek du 15 juillet 2002 évoque le premier cette influence, sans en prendre toute la mesure. Cf " Sharansky’s Quiet Role ".
[6] "Sharon appelle à la création d’un corps chargé de l’antisémitisme ", Jerusalem Post - edizione francese, 31 gennaio 2005.
[7] "Bush Speech Not a Sign of Policy Schift, Officials Says ", The Washington Post, 22 gennaio 2005.
Restate in contatto
Seguiteci sui social network
Subscribe to weekly newsletter