Nel corso della sua visita in Medio Oriente ed innanzi tutto con il suo discorso all’Università del Cairo, il presidente Obama ha tentato di guadagnare alla sua politica un vasto pubblico arabo ed islamico. Numerosi media del mondo intero lo hanno sostenuto unanimemente, come se si fossero messi d’accordo. Quelli che si sono mostrati scettici e hanno chiesto che alle parole seguano i fatti generalmente non sono stati presi sul serio. Ora, queste domande sono del tutto giustificate : non solo dall’esperienza che si ha della politica estera americana nel corso degli ultimi decenni, ma anche da quella delle dichiarazioni di Obama e da ciò che ha fatto finora. È quello che spiega Paul Craig Roberts, ex sottosegretario al Tesoro degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti ed il loro presidente hanno perduto la loro anima. Un paese disperato ha eletto un presidente che prometteva il cambiamento. Statunitensi erano giunti da tutto il paese ad assistere a Washington, in un freddo glaciale, alla cerimonia del giuramento. Nessun altro presidente aveva attirato una tale folla. La buona disposizione del popolo nei suoi confronti e le sue aspettative dovevano bastare perché egli mettesse fine alle guerre gratuite e facesse passare importanti riforme, ma egli ha tradito il popolo per favorire altri interessi. Si affida al suo atteggiamento ed alla sua retorica, moderati, per convincere le persone che siamo sulla via del cambiamento.
Ora, il cambiamento che noi osserviamo è in lui e non nella sua politica. Si sta trasformando in un Dick Cheney. È in carica da appena quattro mesi e già si potrebbe scrivere un intero libro sulle promesse che non ha mantenuto.
Aveva dichiarato che avrebbe chiuso Guantanamo, il carcere in cui si torturava, ed abolito le corti illegali note con il nome di tribunali militari. Ma ora dice che riformerà quei tribunali e continuerà i procedimenti, ma senza confessioni ottenute sotto tortura. Appoggiando la sua adesione alla politica di Bush/Cheney, i democratici della Camera dei rappresentanti gli hanno rifiutato lo stanziamento necessario alla chiusura di Guantanamo.
Si continuerà a rapire persone (in generale fidandosi di false informazioni fornite dai loro avversari) e ad internarle in prigioni del terzo mondo per interrogarvele. Ancora una volta, Obama ha sostituito con una « riforma » la sua promessa di abolire una pratica illegale. Secondo lui, la pratica delle detenzioni segrete (renditions) è stata riformata e non comporterà più la tortura. Come saperlo ? Obama affiderà ad un agente del governo la missione di sorvegliare i trattamenti riservati da bruti del terzo mondo alle persone sequestrate ? Data la propensione della polizia statunitense ad essere brutale con i cittadini statunitensi, nulla può garantire che le vittime non saranno torturate.
Obama ha difeso il programma di intercettazioni telefoniche senza mandato dell’Agenzia di sicurezza nazionale (NSA) instaurato dall’amministrazione Bush/Cheney e ha confermato l’argomentazione giuridica secondo la quale l’« immunità di giurisdizione » protegge i funzionari governativi da ogni procedimento penale e civile quando essi violano le leggi statunitensi e i diritti costituzionali dei cittadini. Il ministero della Giustizia di Obama ha preso le difese di Donald Rumsfeld in un processo intentato da alcuni detenuti di cui Rumsfeld aveva violato i diritti.
Questo mese, con una « dichiarazione firmata » [1], Obama ha rinunciato a proteggere i whistleblowers, quelli che rivelano al Congresso le azioni illegali dell’esecutivo.
Obama rivendica per l’esecutivo poteri ancora più estesi di Bush. Su questo argomento, Bruce Fein scrive : « In linea di principio, il presidente Obama sostiene che le vittime dell’operato anticostituzionale del governo americano non possano fare causa, questo al fine di impedire agli Americani e al mondo intero di trarre degli insegnamenti dagli atti illegali perpetrati in nome della sicurezza nazionale e di impedire loro esigere dai responsabili che essi rispondano politicamente e giuridicamente dei loro atti. » In altri termini, Obama si è impegnato a coprire i crimini del regime Bush e à garantire che il proprio regime possa continuare ad agire in maniera illegale ed anticostituzionale.
Obama si oppone alla pubblicazione dell’ultima serie di spaventose fotografie di torture appena scoperte. Pretende che tale pubblicazione susciterà la collera degli insorti e li indurrà ad uccidere dei GI’s. Questo è proprio insensato. Quelli che resistono all’occupazione del loro paese da parte delle truppe statunitensi e dei mercenari della NATO hanno già la vocazione ad uccidere i nostri soldati e sanno che gli Statunitensi torturano tutti quelli che catturano. Obama si oppone a tale pubblicazione perché sa che la barbara immagine dell’esercito USA data da quelle foto scalzerà l’appoggio alle guerre che arricchiscono il complesso militare e della sicurezza, che placano la lobby filo-israeliana e ricompensano coloro che hanno finanziato la sua campagna elettorale.
Obama è pure ritornato sulla sua promessa di ritirare le truppe dall’Iraq. Tra la costernazione dei suoi sostenitori, lascia laggiù 50.000 GI’s. Gli altri sono inviati in Afghanistan ed in Pakistan dove, sotto gli occhi di Obama, la guerra è scoppiata in grande scala e dove i bombardamenti di civili hanno già fatto un milione di profughi.
E la guerra contro l’Iran resta un’opzione. Su insistenza di Washington, la NATO effettua delle manovre su un ex territorio sovietico, preparando la via ad un futuro arricchimento del complesso militare e della sicurezza statunitense. La disoccupazione statunitense in rapida crescita fornisce le truppe necessarie alle guerre espansionistiche di Obama.
Il presidente può fare grandi discorsi senza maltrattare la lingua inglese. Sa sorridere e indurre la gente a credere alla sua retorica. Il mondo, o almeno gran parte di esso, sembra esse soddisfatto dalle parole moderate le quali fanno passare la politica di supremazia dell’Esecutivo e di egemonia mondiale che era quella di Dick Cheney.
Traduzione italiana eseguita da Belgicus dalla versione francese di Horizons et débats.
[1] Signing statement : atto con il quale il presidente modifica il significato di un testo di legge.
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