Il 25 dicembre 2009, le autorità statunitensi hanno arrestato un nigeriano, Abdulmutallab, a bordo del volo della Northwest Airlines del volo Amsterdam - Detroit, è stato accusato di aver tentato di far saltare l’aereo con una bomba che aveva nascosto all’imbarco. I giorni seguenti, molte notizie si succedevano su CNN, The New York Times e altri media, secondo sui era "sospettato" di essersi addestrato nello Yemen per la missione terroristica. Così il mondo ha visto emergere un nuovo obiettivo della guerra contro il terrorismo degli Stati Uniti, uno stato isolato e impoverito della penisola arabica: lo Yemen. Osservando più da vicino il contesto dell’insorgenza di questa presunta minaccia, l’agenda segreta del Pentagono e dei servizi segreti statunitensi in Yemen, appare più chiaramente.
Negli ultimi mesi il mondo ha assistito all’intensificazione costante delle operazioni militari USA in Yemen, un paese disperatamente povero, un vicino dell’Arabia Saudita al confine settentrionale, col Mar Rosso ad ovest, e il Golfo di Aden a sud, che fornisce l’accesso al Mar Arabico, al confine con un altro paese martoriato che appare nei titoli di recente: la Somalia. Le prove raccolte suggeriscono che il Pentagono e i servizi segreti degli Stati Uniti posizionano unità militarizzate intorno alla strozzatura strategica del traffico mondiale del petrolio, Bab el-Mandab. Approfittando della pirateria in Somalia e degli annunci fatti sul riemergere della minaccia di al-Qaida dallo Yemen, gli Stati Uniti puntano a militarizzare una delle vie più vitali del petrolio. Ancora più importante, le riserve di petrolio non ancora sfruttate in Yemen e in Arabia Saudita sarebbero le più grandi del mondo.
Il Nigeriano di 30 anni, accusato del fallito attentato, Abdulmutallab, secondo quanto riferito avrebbe confessato che la missione gli era stata affidata da al-Qaida nella penisola arabica (AQAP), basata nello Yemen. Questo dichiarazione opportuna permette di volgere l’attenzione dell’opinione pubblica sullo Yemen, facendolo apparire come il centro nevralgico di ciò che di nuovo viene indicato come l’organizzazione terroristica al-Qaida.
E’ proprio ciò che sostiene sul suo blog Bruce Riedel (un ex agente della CIA, per trent’anni, che ha consigliato Obama di sviluppare la politica del surge in Afghanistan), in riferimento agli asseriti vincoli tra i sospettati di terrorismo e lo Yemen: "Il tentativo di distruzione del volo 253 della Northwest Airlines, da Amsterdam a Detroit, il giorno di Natale, dimostra la crescente ambizione del ramo di al-Qaida in Yemen, che fa parte di un programma d’azione precedente, focalizzato sullo Yemen, che da un anno svolge un ruolo nella jihad islamica globale. Il governo indebolito del presidente yemenita Ali Abdullah Saleh, che non è mai riuscito a controllare completamente il paese, e che ora affronta innumerevoli problemi, avrà bisogno di un forte sostegno dagli Stati Uniti per contrastare l’AQAP.” [1]
Elementi introduttivo alla geopolitica dello Yemen
Prima di continuare la nostra discussione su questo incidente, dobbiamo guardare più da vicino la situazione attuale nello Yemen. Diversi elementi si rivelano sconcertanti, quando sono confrontati con ai ripetuti annunci di Washington circa la recrudescenza della minaccia di al-Qaida nella penisola arabica.
Dall’inizio del 2009, i pezzi vengono spostati sulla scacchiera dello Yemen. Tariq al-Fadhli, un ex signore della guerra jihadista, originario dello Yemen del Sud, ha rotto l’alleanza che aveva da quindici anni con il governo del presidente yemenita Ali Abdullah Saleh. Tariq al-Fadhli l’annunciò quando si unì alla coalizione dell’opposizione unita nel Movimento del Sud. Nei tardi anni ’80, Tariq al-Fadhli partecipò al movimento dei mujahidin in Afghanistan. La sua rottura con il governo di Saleh è stata annunciata dai media yemeniti e arabi nell’aprile 2009. L’allontanamento di Tariq al-Fadhli dalla dittatura dello Yemen, ha dato nuovo impulso al movimento del sud. Al-Fadhli è diventata anche una delle figure più importanti della coalizione.
Lo Yemen è un aggregato artificiale, creato dopo la dissoluzione dell’URSS nel 1990, l’allora principale sostegno della Repubblica democratica dello Yemen (Yemen del Sud). L’unificazione della Repubblica araba dello Yemen (Yemen del Nord) e Yemen del Sud, generò un ottimismo rapidamente soffocate dalla breve guerra civile del 1994. Le fazioni dell’esercito dell’allora Yemen del Sud organizzarono una rivolta che denunciava la corruzione e il carattere oligarchico del regime del presidente Ali Abdallah Saleh. Questi dirige da solo il paese dal 1978, prima come presidente della Repubblica araba dello Yemen, poi come presidente dello Yemen unificato dal 1990. La ribellione guidata dall’esercito dello Yemen del Sud fallì, dopo l’alleanza con il presidente Saleh di Tariq al-Fadhli, con altri leader salafiti yemeniti, seguaci di una interpretazione conservatrice dell’Islam, e con i jihadisti. Questa manovra è stata effettuata per contrastare l’eredità del Partito socialista marxista del Sud Yemen.
Prima del 1990, Washington e il Regno dell’Arabia Saudita sostennero e fornirono assistenza alla politica d’islamizzazione di Saleh; puntavano nel contenere le ambizioni dei comunisti dello Yemen del Sud [2]. Da allora, Saleh si è basato sul potente movimento jihadista salafita per rafforzare il suo potere dispotico. La rottura di al-Fadhli con il potere e il suo allineamento al gruppo di opposizione nel sud, a fianco dei suoi ex nemici socialisti, ha inferto un duro colpo al Presidente Saleh.
Il 28 aprile 2009, immediatamente dopo l’annuncio del passaggio di al-Fadhli alla coalizione del Movimento del sud, le proteste si sono intensificate nelle province di Lahij, Ad Dali e Hadramaut. Decine di migliaia di persone, civili o militari, che si considerano abbandonate, hanno dimostrato per chiedere salari più alti e più protezione sociale. Queste manifestazioni non cessano dal 2006. Per la prima volta, al-Fadhli fece un’apparizione pubblico durante le manifestazioni dell’aprile 2009. La sua presenza ha trasformato il movimento socialista dello Yemen del Sud, allora moribondo, in una potente ondata di nazionalismo. Inoltre, essa ha spinto il presidente Saleh all’azione, e questo, preoccupato per le possibili conseguenze del movimento in tutta la penisola arabica, ha chiesto aiuto all’Arabia Saudita e agli altri Stati del Gulf Cooperation Council.
Nel nord dello Yemen, Saleh affronta una ribellione sciita di obbedienza Zaidita guidata da al-Houthi, complicando ancor più la situazione di questo paese fallito, come alcuni lo descrivono. L’11 settembre 2009, in un’intervista ad Al Jazeera, Saleh ha accusato il leader dell’opposizione sciita in Iraq, Moqtada al-Sadr e l’Iran, di prestare il loro appoggio ai ribelli dello Yemen del Nord, appartenenti al movimento sciita mobilitato da al-Houthi. Il presidente Saleh ha dichiarato: "Non possiamo accusare il governo ufficiale iraniano, ma gli iraniani ci hanno detto che erano pronti a stabilire una mediazione. Ciò significa che l’Iran ha contatti con [i sostenitori di al-Houthi], dato che gli iraniani vogliono intervenire tra il governo yemenita e i ribelli. Allo stesso modo, Muqtada al-Sadr, da Najaf in Iraq, ha chiesto di essere scelto come mediatore. Questo dimostra che sono tutti in contatto tra di loro.” [3]
Le autorità yemenite hanno annunciato la scoperta di nascondigli di armi ottenute dall’Iran. Da parte loro, i sostenitori di al-Houthi affermano di avere catturato materiale dell’esercito dello Yemen con marchi di produzione dell’Arabia Saudita; fornendo una base alle accuse contro il governo di Sana’a (capitale dello Yemen e sede della Ambasciata degli Stati Uniti), di essere agli ordini dell’Arabia Saudita. L’Iran ha negato la scoperta di armi iraniane nello Yemen del Nord, definendo infondate le accuse che parlano del sostegno dell’Iran ai ribelli. [4]
Che dire di al-Qaida?
Il ritratto che emerge ora del presidente Saleh, è quella di un dittatore alle corda, sostenuto dagli Stati Uniti, in folgorante perdita di potere dopo due decenni di dispotismo nello Yemen unificato. L’economia ha conosciuto un calo drammatico nel 2008, quando i prezzi del petrolio sono crollati. Quasi il 70% della ricchezza dello Yemen proviene dallo sfruttamento del petrolio. Il governo centrale di Saleh è installata a Sanaa, nel nord, mentre il petrolio è nel sud dello Yemen. Eppure, è Saleh che controlla il flusso di capitali dal petrolio. Per Saleh, la diminuzione dei profitti del petrolio ha reso inevitabile la ripetizione dell’opzione cui è solito cedere: quella di corrompere i gruppi di opposizione.
È in questo contesto interno caotico, che è caduto nel gennaio 2009 l’annuncio, abbondantemente ripreso da siti web accuratamente selezionati, che al-Qaida, l’organizzazione fondata dal presunto terrorista saudita, un tempo addestrato dalla CIA, Usama bin Ladin, ha sviluppato un ramo importante nello Yemen, dedicato alle operazioni in Arabia Saudita e Yemen.
Il 20 gennaio 2009, Nasir al-Wahayshi, il capo di al-Qaida in Yemen, ha annunciato attraverso i forum online jihadisti, la formazione ai suoi ordini di un unico gruppo per la penisola arabica. Secondo al-Wahayshi, questo nuovo gruppo, al-Qaida nella Penisola Arabica, è composto da membri di al-Qaida in Yemen, raggiunti da quelli della rete smantellata di al-Qaida in Arabia Saudita. E’ interessante constatare che la stampa ha detto, allora, che il saudita Abu Sayyaf al-Shihri, un ex detenuto di Guantanamo (n. 372) opera come assistente di al-Wahayshi.
Pochi giorni dopo, un video è stato postato da al-Wahayshi, come l’allarmante titolo: "Partiamo da qui, e ci incontriamo ad al-Aqsa". Al-Aqsa si riferisce alla Moschea di al-Aqsa a Gerusalemme, che gli ebrei chiamano il Monte del Tempio, il luogo dove sorgeva il tempio di Salomone, e che i musulmani chiamano al-Haram al-Sharif. In questo video, innanzitutto vengono fatte minacce contro i leader musulmani - tra cui il presidente dello Yemen Saleh, la famiglia reale saudita e il presidente egiziano Mubarak. Il video prosegue affermando la volontà dell’organizzazione terrorista di esportare la jihad dallo Yemen ad Israele, al fine di "liberare" i luoghi santi dell’Islam e la Striscia di Gaza, operazioni che potrebbero scatenare una terza guerra mondiale, se alcuni sono abbastanza pazzi d’andare così lontano.
Oltre le parole dell’ex detenuto di Guantanamo al-Shihri, il video cita quelle di Abu Muhammad al-Harith Awfi, presentato come un capo militare, che era il prigioniero n° 333 a Guantanamo. Fermo restando che la tortura non riesce a raccogliere confessioni affidabili, alcuni analisti hanno ritenuto che il vero scopo degli interrogatori da parte della CIA e del Pentagono a Guantanamo, dal 2001, sia stato quello di utilizzare le tecniche brutali per addestrare o reclutare cellule terroriste dormienti, da attivare su ordine dei servizi segreti degli Stati Uniti, un’accusa difficile sia da dimostrare che da smentire. Ci si chiede della presenza di questi due ex "laureati senior" do Guantanamo nella nuova cellula di AQAP.
A quanto pare, al-Fadhli e il Movimento del Sud, il cui sostegno popolare si è ampliato, considerano al-Qaida in Yemen infrequentabile. In una intervista, al-Fadhli ha dichiarato: "Ho relazioni molto strette con tutti i movimenti jihadisti nel nord, sud e altrove, ma non con al-Qaida.” [5] Questo non ha scoraggiato il presidente Saleh nel dire che il Movimento del Sud e al-Qaida sono alleati, una posizione comoda per assicurarsi il sostegno di Washington.
Secondo i rapporti dell’intelligence statunitense, lo Yemen del sud avrebbe ospitato non più di 200 membri di al-Qaida. [6]
Nel maggio 2009, al-Fadhi prendeva le distanze da al-Qaida e ha sostenuto, sulla stampa: "Quindici anni fa, noi [Yemen del Sud], siamo stati invasi e subiamo un’occupazione immorale. Serviamo la nostra causa e nessun’altra altra causa sul pianeta. Noi vogliamo la nostra indipendenza e porre fine a questa occupazione” [7]. Lo stesso giorno, godendo dell’opportunità, al-Qaida promuoveva la sua azione e mostrava il suo sostegno alla causa del Sud Yemen.
Il 14 maggio 2009, in un messaggio audio trasmesso su Internet, al-Wahayshi, il leader dell’AQAP, ha espresso la sua solidarietà al popolo delle province meridionali, per il suo tentativo di difendersi contro "l’oppressione" che subisce, e ha detto: "Ciò che cosa succede nei governatorati di Lahij, Ad Dali, Abyan, Hadramout e altre province del sud è inaccettabile. Dobbiamo sostenere e aiutare [i sud-yemeniti].” Ha anche promesso ritorsioni: "L’oppressione che subite non resterà impunita... l’uccisione di musulmani nelle strade è un reato grave e ingiustificato.” [8]
L’emergere della presunta al-Qaida in Yemen del Sud, una piccola base che ancora continua a far parlare di sé, sul terreno del Movimento del Sud in cui alcuni osservatori vedono uno schermo del programma radicale di al-Qaida, è convenientemente interpretato dal Pentagono come un casus belli, e serve come pretesto per intensificare le operazioni militari in questa regione strategica.
Infatti, dopo aver affermato che il conflitto interno nello Yemen era affare interno dello Yemen, il presidente Obama ha ordinato attacchi aerei sul Paese. Il Pentagono ha detto che gli attacchi del 17 e 24 dicembre hanno ucciso tre importanti membri di al-Qaida; ma nulla è stato ancora in grado di dimostrarlo. Ora la storia natalizia del terrorista di Detroit riprende il programma della guerra contro il terrorismo nello Yemen. Obama offre ora il supporto militare al governo del presidente Saleh.
Allo stesso tempo, i titoli della CNN parlano delle nuove minacce terroristiche provenienti dallo Yemen, che vengono fuori da un cappello, come la lista dei crescenti attacchi, diventati comuni, dei pirati somali al commercio marittimo che attraverso il Golfo di Aden e il Mare Arabico, dal sud dello Yemen [9]; una intensificazione che fa seguito alla riduzione dei controlli del pattugliamento internazionale.
Il 29 dicembre 2009, il canale televisivo russo RIA Novosti ha riferito che i pirati somali hanno catturato una nave greca nel Golfo di Aden, al largo della Somalia. Prima, lo stesso giorno, anche una nave cisterna britannica e i 26 membri del suo equipaggio sono stati sequestrati dai pirati nel Golfo di Aden. Dimostrando la sua padronanza dell’uso dei media occidentali, il capo dei pirati, Mohamed Shakir, annunciava per telefono al giornale britannico The Times: "Abbiamo intercettato una nave battente bandiera britannica nel Golfo di Aden, la tarda serata di ieri.” Un rapporto dei servizi segreti degli Stati Uniti (citato da Stratfor) riporta che il Times, di proprietà di Rupert Murdoch, sostegno finanziario dei neo-conservatori, a volte è utilizzato dal servizio segreto israeliano per spargere storie accomodanti.
Questi ultimi due eventi portavano il numero di attacchi e di sequestri di navi a livelli record. Per il 2009, al 22 dicembre, gli attacchi dei pirati somali nel Golfo di Aden e al largo della costa orientale della Somalia, sono arrivati a 174 e riguardano 35 navi sequestrate e 587 persone prese in ostaggio; questo rappresenta quasi tutti gli attacchi riusciti dei pirati nel mondo, secondo il centro di monitoraggio della pirateria dell’International Maritime Bureau. Una domanda sorge ora: da chi, i pirati somali ottengono le armi e la logistica per consentirgli di evitare le pattuglie internazionali inviate da molti stati?
Così, il 3 gennaio 2009, il presidente Saleh ha ricevuto una telefonata dal presidente della Somalia, Sharif Sheik Ahmed, questi l’informava sugli ultimi sviluppi in Somalia. Sharif Ahmed, il cui potere a Mogadiscio è così basso che è talvolta chiamato il presidente dell’aeroporto di Mogadiscio, ha detto a Saleh che avrebbe condiviso con lui tutte le informazioni disponibili relative alle attività terroristiche lanciate in Somalia, e che minacciano la stabilità e la sicurezza dello Yemen e della regione.
Il collo di bottiglia del petrolio e altri affari col petrolio
L’importanza strategica della zona compresa tra lo Yemen e la Somalia è di particolare importanza geopolitica. Qui si trova poi il sito di Bab el-Mandab, che il governo degli Stati Uniti inserisce tra i sette principali stretti strategici nel settore del trasporto del petrolio. L’Agenzia per l’Informazione sull’Energia (EIA) degli Stati Uniti, precisa che "la chiusura di Bab el-Mandab potrebbe impedire alle petroliere provenienti dal Golfo Persico, di raggiungere il canale di Suez e il complesse degli oleodotti Sumed, dirottandole verso il Sud dell’Africa. Lo stretto di Bab el-Mandab è un collo di bottiglia tra gli Stati del Corno d’Africa e il Medio Oriente e un ponte strategico tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Indiano.” [10]
Al crocevia tra Yemen, Gibuti e l’Eritrea, Bab el-Mandab collega il Golfo di Aden al Mar Arabico. Il petrolio e le altre merci dal Golfo Persico devono passare attraverso Bab el-Mandab prima di entrare nel Canale di Suez. Nel 2006, il Dipartimento dell’Energia di Washington aveva riferito che un volume di circa 3,3 milioni di barili di petrolio ogni giorno transitano per questa stretta la via d’acqua, diretto in Europa, Stati Uniti e Asia. L’essenziale del petrolio, circa 2,1 milioni di barili al giorno, prende direzione nord, attraverso Bab el-Mandab verso il complesso Suez/Sumed che porta verso il Mediterraneo.
Un pretesto degli Stati Uniti e della NATO per la militarizzazione delle acque intorno a Bab el-Mandab, potrebbe essere una possibilità per Washington di prendere un altro nuovo vantaggio nella sua ricerca nel prendere il controllo dei sette stretti più importanti del petrolio al mondo, parte importante di una qualsiasi futura strategia degli Stati Uniti, volta a privare del loro approvvigionamento di petrolio la Cina, l’Unione europea o qualsiasi altra regione o nazione, avversaria politica degli Stati Uniti. Sapendo che ingenti quantitativi di petrolio saudita transitano attraverso Bab el-Mandab, il controllo militare di questo punto da parte degli Stati Uniti, dovrebbe servire a dissuadere l’Arabia Saudita dal contrattare la vendita futura di petrolio con la Cina, o altri, in valute diverse dal dollaro, come ha recentemente spiegato Robert Fisk, giornalista del quotidiano britannico The Independent.
Gli Stati Uniti sarebbe anche in grado di minacciare il trasporto di petrolio verso la Cina da Port Sudan sul Mar Rosso, a nord di Bab el-Mandab, una rotta di rifornimento vitale per il fabbisogno nazionale energetico della Cina.
Oltre alla sua situazione geopolitica, come nodo centrale del transito del petrolifero mondiale, lo Yemen è anche dotato di notevoli riserve di petrolio. I giacimenti di Masila e Shabwa riservano, secondo le compagnie petrolifere internazionali, delle potenzialo ’scoperte di prima scelta" [11]. La francese Total e altre diverse compagnie petrolifere internazionali della più piccola taglia, sono impegnate nello sviluppo della produzione di petrolio nello Yemen. E’ possibile che le recenti preoccupazioni di Washington per lo Yemen vadano ben al di là della semplice questione dell’organizzazione di al-Qaida, la cui stessa esistenza come organizzazione terroristica globale è stato contestata da molti competenti esperti sull’Islam.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
[1] « The Menace of Yemen », par Bruce Riedel, The Daily Beast, 31 décembre 2009.
[2] « Yemen : Intensifying Problems for the Government », Stratfor, 7 mai 2009.
[3] « Yemen President Accuses Iraq’s Sadrists of Backing the Houthi Insurgency », Terrorism Monitor, Jamestown Foundation, Volume : 7 Numéro : 28, 17 septembre 2009.
[4] NewsYemen, 8 septembre 2009 ; Yemen Observer, 10 septembre 2009.
[5] Albaidanew.com, le 14 mai 2009, Jamestown Foundation, op.cit.
[6] « Despite U.S. Aid, Yemen Faces Growing al-Qaeda Threat » , par Abigail Hauslohner, Time, 22 décembre 2009.
[7] Tariq al Fadhli, dans Al-Sharq al-Awsat, 14 mai 2009, cité par la Jamestown Foundation, op. cit.
[8] Interview d’al-Wahayshi, al Jazeera, 14 mai 2009.
[9] « Pirati, corsari e flibustieri del XXI secolo », di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 11 Luglio 2010.
[10] Département de l’énergie, Energy Information Administration (gouvernement états-unien), consulté ici.
[11] Adelphi Energy, « Yemen Exploration Blocks 7 & 74 ». Consulté ici.
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