Nella «guerra coperta» in Siria ormai si scoprono le carte. Dopo che il centro di Damasco è stata colpito con proiettili di mortaio e razzi che hanno ucciso diversi civili, il comandante «ribelle» Abu Omar, nel rivendicare il merito dell’azione, ha dichiarato ieri 26 marzo al New York Times che «i gruppi ribelli attorno a Damasco sono stati rafforzati da nuove forni-ture di armi attraverso la Giordania con l’assistenza america-na». [1]. Una inchiesta dello stesso giornale conferma quanto da tempo scriviamo sul manifesto: l’esistenza di una rete in-ternazionale, organizzata dalla Cia, attraverso cui arriva ai «ribelli» in Siria un flusso crescente di armi. [2].
Da appositi centri operativi, agenti della Cia provvedono all’acquisto delle armi con finanziamenti (nell’ordine di mi-liardi di dollari) concessi principalmente da Arabia saudita, Qatar e altre monarchie del Golfo; organizzano quindi il tra-sporto delle armi in Turchia e Giordania attraverso un ponte aereo; le fanno infine arrivare, attraverso la frontiera, ai gruppi in Siria, già addestrati in appositi campi allestiti in territorio tur-co e giordano.
Da quando è iniziata l’operazione nel gennaio 2012, sono state trasportate attraverso il ponte aereo, secondo una stima per difetto, almeno 3500 tonnellate di armi. I primi voli sono stati effettuati, con aerei militari da trasporto C-130, dal Qatar in Turchia. Da aprile sono stati usati giganteschi aerei cargo C-17, forniti dagli Usa al Qatar, che hanno fatto la spola tra la base di Al Udeid e quella turca di Esenboga. Particolare non trascurabile: la base aerea qatariana di Al Udeid ospita il quartier generale avanzato del Comando centrale Usa, con un personale di oltre 10mila militari, e funziona da hub per tutte le operazioni in Medio Oriente. Nei suoi depositi sono stoccate armi di tutti i tipi, comprese certamente anche quelle non made in Usa, più adatte per operazioni «coperte». Da ottobre, aerei giordani C-130 sono atterrati nella base turca di Esenboga, caricando armi per i «ribelli» siriani da trasportare ad Amman.
Contemporaneamente, aerei cargo giordani hanno cominciato a fare la spola con Zagabria, trasportando ad Amman armi degli arsenali croati acquistate con i finanziamenti sauditi. Per tale operazione vengono usati giganteschi aerei Iliuscin della Jordanian International Air Cargo. Dal febbraio di quest’anno, ai voli degli aerei cargo qatariani e giordani si sono aggiunti quelli sauditi, effettuati con C-130 che atterrano nella base turca di Esenboga.
Nonostante le smentite di Zagabria, l’inchiesta ha ampia-mente documentato il coinvolgimento della Croazia in questo traffico internazionale di armi, diretto dalla Cia. Un atto meri-torio per la Croazia che, per il ruolo svolto nella disgregazione della Iugoslavia, è stata premiata con l’ammissione alla Nato nel 2009. Ora, partecipando all’operazione per disgregare la Si-ria, acquista ulteriori meriti agli occhi di Washington. Alla vigilia della sua ammissione nella Ue, di cui diverrà 28° membro nel luglio di quest’anno. Potrà così unire la sua voce a quella dell’Unione europea che, mentre rafforza l’embargo delle armi al governo siriano, dichiara di voler «raggiungere una soluzione politica che permetta di fermare la strage e autorizzi la fornitura di aiuti umanitari veloci ed efficaci, con particolare attenzione ai bambini».
[1] Syrian Rebels Hit Central Damascus Square With Mortar Shells, par Anne Barnard, The New York Times, 25 mars 2013.
[2] «Arms Airlift to Syria Rebels Expands, With Aid From C.I.A.», par C. J. Chivers and Eric Schmitt, The New York Times, 24 mars 2013.
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