Il primo ministro della Grecia, Alexis Tsipras, ancora non ha raggiunto un accordo economico con la troika. Di conseguenza le probabilità che Syriza soddisfi le promesse elettorali sotto il giogo dell’Unione monetaria sono sempre più remote. Se Bruxelles non pone fine alle richieste di austerità, il governo greco affronterà la via dolorosa, ma la sola a permettere di rompere con la ‘dittatura dei creditori’, lasciando l’euro.
Già alcune settimane fa i negoziati tra il governo greco e la troika (comprendente Fondo monetario internazionale, Banca centrale europea e Commissione europea), sono in un vicolo cieco. Determinata a proteggere gli interessi dei creditori, la troika sostiene le politiche di austerità per salvaguardare la fiducia nella moneta ‘comune’, l’euro.
Nel frattempo, la Grecia è immersa nel pantano. Nel primo trimestre del 2015 l’attività economica è caduta del 0,20% in termini annui, il peggior dato tra i Paesi dell’Unione europea, superata solo da Lituania (- 0,60%) ed Estonia (- 0,30%). Il tasso di disoccupazione complessivo rimane sopra i 25 punti percentuali, ma la disoccupazione dei giovani tra i 15 e 24 anni è del 52%, secondo i dati pubblicati dall’agenzia Elstat.
Nel campo della finanza, la fuga dei depositi dalle banche greche si acutizza. Si stima che le perdite giornaliere varino tra 200 e 500 milioni di euro. La Banca centrale europea (BCE) subordina le banche greche con il programma di assistenza di emergenza alla liquidità (ELA, nell’acronimo inglese) che per inciso, costituisce già un “arma económica”, e in cambio della concessione di nuovi ‘fondi di emergenza’ la BCE chiede riforme economiche a favore degli istituti di credito.
Infatti, le “riforme strutturali” sono necessarie, e qui vi è piena coincidenza tra governo di Alexis Tsipras e autorità di Bruxelles. La controversia fondamentale è il tipo di “riforme strutturali” ricercate, le condizioni di attuazione e il tempo necessario per valutarne i risultati.
Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis ha chiarito di condividere le intenzioni della troika di aumentare la produttività, promuovere la concorrenza tra imprese, modernizzare la pubblica amministrazione, dell’uso efficiente delle risorse e trasformare i sistemi fiscali e pensionistici [1].
Varoufakis, tuttavia, rifiuta il modo con cui Bruxelles collega le “riforme strutturali” al contesto macroeconomico. Per la troika non c’è altra via che la svalutazione interna: ridurre salari e vantaggi sociali dell’occupazione, avanzare il programma di privatizzazione, aumentare tasse e tariffe dei servizi pubblici (acqua, elettricità, ecc.) [2].
Con tale prospettiva, le autorità europee obbligano la Grecia a mantenere un alto ‘avanzo primario’ (differenza tra reddito e spesa pubblica, esclusi i pagamenti dei debiti) presumibilmente per ridurre l’indebitamento. Quest’anno la troika chiede alla Grecia di avere un avanzo primario dell’1% del PIL, che nel 2018 dovrebbe aumentare al 3,5%.
Così Bruxelles impone le stesse misure che non solo fallirono nell’alleviare la crisi iniziata nel 2010, ma in realtà le approfondiscono in Grecia. Se il governo greco accetta i vincoli della troika, supererà le “linee rosse” tracciate da Syriza (opposizione alla riforma del lavoro e al taglio delle pensioni, ecc.), tradendo il mandato popolare.
Non si dimentichi che la sinistra ellenica è uscita vittoriosa nelle elezioni del gennaio grazie all’opposizione al capitalismo neoliberista imposto dalla troika. Cercando un’economia alternativa, la vittoria di Syriza si fondava nella speranza.
Alexis Tsipras ha promesso cambiamenti profondi, sostenendo che era una priorità raggiungere un accordo sulla redditività economica di lungo termine, adottando pienamente le norme della zona euro, ma senza cadere nella trappola dell”austerità’ come in passato [3]. Così la Grecia avrebbe spezzato la ‘spirale depressiva’ che aiuta solo le economie del centro (Germania e Francia), mentre punisce in modo implacabile le economie in situazione critica.
Tuttavia, il rifiuto della troika di approvare le richieste minime rivela l’incompatibilità della svolta economica con i principi dell’Unione monetaria. L’euro è sempre più una ‘camicia di forza’ imposta dal capitale finanziario, e sempre meno uno strumento d’integrazione economica che enfatizza solidarietà e benessere tra i popoli [4].
Appena settimana scorsa, dopo un incontro di oltre 10 ore, i negoziati sono finti su un punto morto per la persistenza di “significative” differenze [5]. Nei giorni precedenti, sopraffatto dalla contrazione dei finanziamenti, il governo greco annunciava che non al 30 giugno non avrebbe pagato quattro scadenze mensili (1,6 miliardi di dollari) del debito con il Fondo monetario internazionale (FMI), accrescendo i timori di una moratoria dei pagamenti, non per mancanza di volontà di Atene ma per l’intransigenza di Brussels [6].
Messo all’angolo, Alexis Tsipras è stato costretto a ridurre la portata delle promesse elettorali. La Grecia ha già deciso l’aumento dell’IVA su alcuni prodotti, di annullare gradualmente i prepensionamenti e privatizzare parte delle infrastrutture (il porto del Pireo, ferrovie Trainose e aeroporti).
Pertanto sembra che i creditori potranno concentrare i loro sforzi per sabotare politicamente Syriza dall’interno, minandone la base sociale e quindi il sostegno, aprendo la via a un cambio di regime. A livello regionale, la troika intende inviare il messaggio che, indipendentemente da chi vince le elezioni, il pagamento del debito è al di sopra di qualsiasi agenda economica nazionale.
Syriza dovrebbe continuare a combattere [7]. Alla fine di questa settimana, il governo ellenico presenterà una nuova proposta all’eurogruppo per poter finalmente sbloccare l’ultima sezione del piano di salvataggio (7,2 miliardi di euro) e così adempiere agli obblighi finanziari.
La Grecia abbandonerà l’euro in tempi brevi? Se Bruxelles continuerà nell’intransigenza, dipenderà fondamentalmente da Alexis Tsipras e dal suo governo difendere le aspirazioni popolari dalla tirannia del capitale finanziario.
[1] «A New Deal for Greece», Yánis Varoufákis, Project Syndicate, April 23, 2015.
[2] «Austerity Is the Only Deal-Breaker», Yánis Varoufákis, Project Syndicate, May 23, 2015.
[3] “L’Europa al bivio”, di Aléxis Tsípras, Le Monde (France), Rete Voltaire, 31 maggio 2015.
[4] «To beat austerity, Greece must break free from the euro», Costas Lapavitsas, The Guardian, March 2, 2015.
[5] «Greek default fears rise as ‘11th-hour’ talks collapse», Peter Spiegel & Kerin Hope, The Financial Times, June 14, 2015.
[6] «The Greek Bailouts Are Incredibly Stupid», Daniel Altman, Foreign Policy, June 15, 2015.
[7] «If the eurozone thinks Greece can be blackmailed, it is wrong», Costas Lapavitsas, The Guardian, June 9, 2015.
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