Influente politologo russo uscito dagli ambienti nazionalisti, il Generale Leonid Ivashov era capo di stato maggiore nel periodo dell’11 settembre 2001. Quel giorno, egli aveva messa all’erta i suoi satelliti per osservare le manovre militari aeree annunciate negli USA, ma si trovò di fronte a tutt’altro spettacolo. Viste le analisi di quell’avvenimento effettuate dai suoi esperti, egli ha scartato l’ipotesi Al-Qaïda e ha concluso per una provocazione dell’elite finanziaria anglosassone. Su tale base, ha sviluppato la visione strategica russa del mondo post-11 settembre. In questa sede, riproduciamo uno dei suoi articoli, rappresentativo del suo pensiero e di quello degli ufficiali superiori russi. Il lettore sarà sorpreso nel constatare che ciò che nei paesi della NATO è considerato un delirio, è un’evidente verità in Russia come, del resto, in numerose altre regioni del mondo. Al di là della questione di stabilire la verità, l’onestà intellettuale esige di capire e di accettare la relatività dei punti di vista. Questo articolo sarà particolarmente prezioso per i militari francesi nel momento in cui il ministro della Difesa scatena una caccia alle streghe contro gli insegnanti della Scuola di guerra che hanno osato rendere conto della diversità delle interpretazioni dell’11 settembre.
L’esperienza dell’umanità ci mostra che il terrorismo appare ovunque in un dato momento si produca un aggravamento delle contraddizioni, le relazioni comincino a degradarsi in seno alla società e cambi l’ordine sociale, sorga l’instabilità politica, economica e sociale, si liberino dei potenziali d’aggressività, i valori morali vacillino, trionfino il cinismo ed il nichilismo ed esploda la criminalità.
I processi legati alla mondializzazione creano delle condizioni favorevoli a questi fenomeni estremamente pericolosi. Essi avviano un riassestamento della carta geopolitica del mondo, una redistribuzione delle risorse planetarie, violano la sovranità e cancellano le frontiere degli Stati, smantellano il diritto internazionale, annientano la diversità culturale, impoveriscono la vita spirituale e morale.
Io penso che oggi si possa a buon diritto parlare di crisi sistemica della civiltà umana. Essa si manifesta in modo particolarmente acuto a livello di interpretazione filosofica della vita. Le sue manifestazioni più spettacolari interessano il senso dato alla vita, all’economia e al campo della sicurezza internazionale.
L’assenza di nuove idee filosofiche, la crisi morale e spirituale, la deformazione della percezione del mondo, la diffusione di fenomeni amorali contrari alla tradizione, la corsa all’arricchimento illimitato e al potere, la crudeltà portano l’umanità alla decadenza e, forse, alla catastrofe.
L’inquietudine, come la mancanza di prospettive di vita e di sviluppo di numerosi popoli e Stati costituiscono un importante fattore d’instabilità mondiale.
L’essenza della crisi economica si manifesta nella lotta senza quartiere per le risorse naturali, negli sforzi profusi dalle grandi potenze del mondo, innanzi tutto dagli Stati Uniti d’America ma anche dalle imprese multinazionali, per sottomettere ai loro interessi i sistemi economici di altri Stati, per prendere il controllo delle risorse del pianeta e, soprattutto, delle fonti di approvvigionamento in idrocarburi,
La distruzione del modello multipolare che assicurava l’equilibrio delle forze nel mondo ha avviato anche la distruzione del sistema di sicurezza internazionale, delle norme e dei principi che reggevano le relazioni tra Stati, nonché del ruolo dell’ONU e del suo Consiglio di sicurezza.
Oggi gli Stati Uniti d’America e la NATO si sono arrogati il diritto di decidere del destino di altri Stati, di commettere atti di aggressione, di sottomettere i principi della Carta delle Nazioni Unite alla loro legislazione.
Sono precisamente i paesi occidentali che con le loro azioni ed aggressioni contro la Repubblica federata di Jugoslavia e l’Iraq, nonché permettendo in tutta evidenza l’aggressione israeliana contro il Libano e minacciando la Siria, l’Iran ed altri paesi, hanno liberato un’enorme energia di resistenza, di vendetta e di estremismo, energia che ha rafforzato il potenziale del terrore prima di ritorcersi, come un boomerang, contro l’Occidente.
L’analisi della sostanza dei processi di mondializzazione, nonché delle dottrine politiche e militari degli Stati Uniti d’America e di altri Stati, permette di convincersi che il terrorismo favorisce la realizzazione degli obiettivi di dominazione del mondo e di sottomissione degli Stati agli interessi dell’oligarchia mondiale. Questo significa che esso in quanto tale non costituisce un soggetto della politica mondiale ma un semplice strumento, il mezzo per instaurare un nuovo ordine unipolare con un unico centro di comando mondiale, per cancellare le frontiere nazionali e per garantire la dominazione di una nuova elite mondiale. È quest’ultima a costituire il soggetto principale del terrorismo internazionale, il suo ideologo ed il suo « padrino ». E’ essa, inoltre, che si sforza di dirigere il terrorismo contro altri Stati, compresa la Russia.
Il principale bersaglio della nuova elite mondiale è la realtà naturale, tradizionale, storica e culturale che ha gettato le basi del sistema di relazioni tra gli Stati, dell’organizzazione della civiltà umana in Stati nazionali, dell’identità nazionale.
L’attuale terrorismo internazionale è un fenomeno che consiste, per delle strutture governative o non governative, nell’utilizzo del terrore come mezzo per raggiungere degli obiettivi politici terrorizzando, destabilizzando le popolazioni sul piano socio-psicologico, demotivando le strutture del potere di Stato e creando le condizioni che permettono di manipolare la politica dello Stato ed il comportamento dei cittadini.
Il terrorismo è un mezzo per fare la guerra in maniera diversa, non convenzionale. Nello stesso tempo il terrorismo, alleato ai media, si comporta come un sistema di controllo dei processi mondiali.
È precisamente la simbiosi dei media e del terrore che crea le condizioni favorevoli a dei sovvertimenti nella politica mondiale e nella realtà esistente.
In questo contesto, se si esaminano gli avvenimenti dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti d’America, si possono trarne le seguenti conclusioni :
– l’attentato terroristico contro le torri gemelle del World Trade Center ha modificato il corso della storia del mondo, distruggendo definitivamente l’ordine mondiale uscito dagli accordi di Yalta-Potsdam ;
– ha liberato le mani degli Stati Uniti d’America, della Gran Bretagna e di Israele, permettendo loro di condurre delle azioni contro altri paesi ridendosene delle regole dell’ONU e degli accordi internazionale ;
– ha stimolato l’ampliamento del terrorismo internazionale.
D’altra parte, il terrorismo si presenta come uno strumento radicale di resistenza ai processi di mondializzazione, come un mezzo di lotta di liberazione nazionale, di separatismo, un mezzo per risolvere i conflitti tra le nazioni e tra le religioni, nonché come uno strumento di lotta economica e politica.
In Afghanistan, nel Kosovo, in Asia centrale, nel vicino Oriente e nel Caucaso constatiamo che il terrore serve anche a proteggere dei narcotrafficanti destabilizzando le loro zone di passaggio.
Si può constatare che in un contesto di crisi sistemica mondiale il terrore è divenuto una sorta di cultura della morte, la cultura del nostro quotidiano. Ha fatto irruzione nella prospera Europa, tormenta la Russia, scuote il Vicino Oriente e l’Estremo Oriente. Favorisce l’assuefazione della comunità internazionale ad ingerenze violente ed illegali negli affari interni degli Stati e alla distruzione del sistema di sicurezza internazionale.
Il terrore genera il culto della forza e le sottomette la politica, il comportamento dei governi e della popolazione. La cosa più spaventosa è che il terrorismo ha un grande futuro in ragione della nuova spirale di guerra che si annuncia per la redistribuzione delle risorse mondiali e per il controllo delle zone-chiave del pianeta.
Nella strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America approvata quest’anno dal Congresso statunitense, l’obiettivo confessato della politica di Washington è « assicurarsi l’accesso alle regioni-chiave del mondo, alle comunicazioni strategiche e alle risorse mondiali », utilizzando come mezzi per arrivarci il procedere ad attacchi preventivi contro qualsivoglia paese. Dal punto di vista del Congresso, gli Stati Uniti d’America possono dunque adottare una dottrina di attacchi nucleari preventivi assimilabile al terrorismo nucleare.
Questo implica l’utilizza su grande scala di sostanze nocive e di armi di distruzione di massa. Non ci saranno scrupoli nello scegliere i modi di rispondere ad un attacco. Per difendersi le parti dovranno solo scegliere il modo.
La provocazione di un atto terroristico diventa un mezzo per raggiungere degli obiettivi politici di ampiezza globale, regionale e locale. Così, una provocazione organizzata nella località di Rachic (Kosovo, Serbia) ha finito col provocare il cambio di regime politico in Serbia ed il crollo della Repubblica federata di Jugoslavia, servendo da pretesto per l’aggressione della NATO e per la separazione del Kosovo dalla Serbia. Si tratta di una provocazione di dimensioni regionali.
Le esplosioni nella metropolitana di Londra, i disordini di Parigi nel 2005-2006 sono delle provocazioni locali che hanno avuto ripercussioni sulla politica e sull’opinione pubblica in Gran Bretagna ed in Francia.
Praticamente ogni atto terroristico dissimula delle potenti forze politiche, delle imprese transnazionali o delle strutture criminali che hanno obiettivi precisi. E quasi tutti gli atti terroristici, eccetto le attività di liberazione nazionale, sono in realtà delle provocazioni.
Anche in Iraq, le esplosioni nelle moschee sunnite e sciite altro non sono che provocazioni organizzate in virtù del principio « dividere per regnare ». Questo vale pure per la presa in ostaggio e l’assassinio di membri della missione diplomatica russa a Bagdad.
L’atto terroristico commesso a fini di provocazione è vecchio come il mondo. Furono precisamente delle provocazioni terroristiche a servire da pretesto per lo scatenarsi di due guerre mondiali. Gli avvenimenti dell’11 settembre 2001 costituiscono una provocazione mondiale. Si può parlare di operazione di portata mondiale. In generale, tali operazioni permettono di risolvere parecchi problemi mondiali in una sola volta. Si può definirli come segue :
1. L’oligarchia finanziaria mondiale e gli Stati Uniti d’America hanno ottenuto il diritto informale di ricorrere alla forza contro un qualsiasi Stato.
2. Il ruolo del Consiglio di sicurezza si è trovato svilito. Esso fa sempre più la figura di organizzazione criminale complice dell’aggressore ed alleata alla nuova dittatura mondiale.
3. Grazie alla provocazione dell’11 settembre, gli Stati Uniti d’America hanno consolidato il loro monopolio mondiale e hanno ottenuto l’accesso ad una qualsiasi regione del mondo e alle sue risorse.
Nello svolgimento di un’operazione-provocazione ci sono sempre tre elementi obbligatori : il mandante, l’organizzatore e l’esecutore. Per quanto riguarda la provocazione dell’11 settembre e contrariamente all’opinione dominante, « Al-Qaida » non può essere stata né il mandante, né l’organizzatore, non disponendo dei mezzi finanziari sufficienti (e sono enormi) per ordinare un’azione di tale ampiezza.
Tutte le operazioni condotte da quest’organizzazione non sono che azioni locali e piuttosto primitive. Essa non dispone di risorse umane, di una rete di agenti sufficientemente sviluppata sul territorio degli Stati Uniti d’America tale da riuscire a penetrare le decine di strutture pubbliche e private che assicurano il funzionamento dei trasporti aerei e vigilano sulla loro sicurezza. Dunque, Al-Qaida non può essere stata l’organizzatrice di quest’operazione (altrimenti a che cosa servono il FBI e la CIA ?). In compenso, queste persone potrebbero essere state dei semplici esecutori dell’atto terroristico.
A mio avviso, il mandante di questa provocazione potrebbe essere stata l’oligarchia finanziaria mondiale, al fine d’instaurare una volta per tutte « la dittatura mondiale delle banche » (l’espressione appartiene al ben noto economista statunitense Lyndon LaRouche) e di garantire il controllo di risorse mondiali in idrocarburi limitate. Contemporaneamente si sarebbe trattato di assicurarsi una dominazione mondiale di lunga durata.
L’invasione dell’Afghanistan, ricco di gas naturale, dell’Iraq e forse anche dell’Iran, che possiedono riserve mondiali di petrolio, ma anche l’instaurazione di un controllo militare sulle comunicazioni petrolifere strategiche e il radicale aumento dei prezzi del petrolio sono delle conseguenze degli avvenimenti dell’11 settembre 2001.
L’organizzatore dell’operazione potrebbe essere stato un consorzio ben organizzato ed abbondantemente finanziato formato da rappresentanti (vecchi ed attuali) dei servizi segreti, organizzazioni massoniche e personale dei trasporti aerei.
La copertura mediatica e legale è stata assicurata da organi di stampa, da giuristi e da politici stipendiati. Gli esecutori sono stati scelti sulla base della loro appartenenza etnica alla regione che possiede le risorse naturali di importanza mondiale.
L’operazione è riuscita, gli obiettivi sono raggiunti.
L’espressione « terrorismo internazionale » in quanto principale minaccia per l’umanità ha fatto irruzione nel quotidiano politico e sociale.
Questa minaccia è stata identificata nella persona di un islamista, abitante di un paese che dispone di enormi risorse in idrocarburi.
Il sistema internazionale messo in piedi all’epoca in cui il mondo era bipolare è stato distrutto e le nozioni di aggressione, di terrorismo di Stato e di diritto alla difesa sono state alterate.
Il diritto dei popoli di resistere alle aggressioni e alle attività sovversive dei servizi segreti stranieri, nonché di difendere i loro interessi nazionali viene calpestato.
In compenso sono assicurate tutte le garanzie alle forze che cercano di instaurare una dittatura mondiale e di dominare il mondo.
Ma la guerra mondiale non è ancora finita. Essa è stata provocata l’11 settembre 2001 e non è che il preludio a grandi avvenimenti venturi.
Traduzione dal francese eseguita da Belgicus (Eurasia).
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