Colloquio fra Angel Gurria, Segretario Generale dell’OCSE, e Shimon Peres, Presidente dello Stato di Israele (19 gennaio 2010)
© OECD

Un’esclusiva organizzazione che riunisce i paesi più sviluppati del mondo sta maturando l’idea di accogliere Israele come membro nonostante un documento segreto ammetta che questa decisione equivarrebbe ad abbracciare l’occupazione israeliana della Palestina e delle Alture del Golan siriane.

Si tratta dell’OECD - Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico -, che, nel frattempo, ha comunicato ad Israele che la decisione sarà presa a maggio in un incontro tra i trenta stati membri.

Una copia del rapporto indica che tale concessione da parte di OECD rappresenta un oltraggio ai requisiti fondamentali sulla trasparenza dei dati relativi all’attività economica.

Il rapporto precisa che le informazioni fornite da Israele non includono soltanto le attività economiche dei cittadini che vivono all’interno delle sue "frontiere riconosciute" ma include anche quelle dei coloni ebrei che - in violazione alla legge internazionale - abitano all’interno di Gerusalemme est, della Cisgiordania e del Golan.

Il possibile accesso israeliano all’organizzazione ha causato l’imbarazzo di molti stati mebri, soprattutto di quelli parte dell’Unione Europea che - pubblicamente - si erano impeganti a non entrare in collusione con l’occupazione.

Il rapporto OECD propone di aggirare queste difficoltà legali richiedendo a Israele di fornire nuove statistiche, entro un anno dal suo avvenuto accesso, che escludano la popolazione di coloni. Nonostante questo, una volta diventato membro, Israele avrà comunque il diritto di veto su una simile richiesta.

“Sembra che l’OECD sia decisa ad accogliere Israele e a coprire i crimini del’occupazione”, ha affermato Shir Hever, un economista di Gerusalemme.

Da quasi 20 anni, Israele esercita pressioni per essere ammesso nell’OECD che, ricordiamo, è stata fondata nel 1961 perché democrazie sviluppate potessero coordinare politiche economiche e sociali. L’organizzazione include gli Stati Uniti e la maggioranza degli stati europei.

“I privilegi finanziari sono relativamente modesti, tuttavia il prestigio di farne parte è alto”, ha dichiarato Hever. “Israele ha fatto molto per essere ammesso perché crede che questo atto conferirebbe leggittimità internazionale alla sua occupazione”.

Diversi sono i paesi meno sviluppati di Israele, come la Turchia, il Messico e la Repubblica Ceca che già ne fanno parte.

Il rifiuto registrato, finora, è stato anche conseguenza dell’insicurezza di molti stati di fronte tale ammissione proprio per l’esistenza dell’occupazione a Gerusalemme est, Gaza, Cisgiordania ed nelle Alture del Golan.

Nel 2007 Israele fu stato invitato a discuterne l’adesione e questo dopo un’intensa attività di lobby da parte di Stanley Fischer, governatore della Banca di Israele. Le aspettative derivanti dall’adesione sono di carattere finanziario e di stabilità economica, attrazioni di investimenti e riduzione dei rischi economici.

Il nuovo Segretario Generale Aggiunto dell’OCSE, Richard A. Boucher, è incaricato di concludere entro quest’anno la procedura di adesione d’Israele all’organizzazione. L’Ambasciatore Boucher è stato il portavoce di tre Segretari di Stato USA: Madeleine Albright, Colin Powell et Condoleezza Rice.
© Dipartimento di Stato

Dopo aver rivisto lo stato economico del paese, il segretario generale OECD, Angel Gurria, ha dichiarato che l’ammissione di Israele entro quest’anno può considerarsi un fatto certo.

Un rapporto presentato da un comitato OECD e stilato lo scorso mese ha comunque evidenziato come i problemi emergenti dal caso Israele (con riferimento ai dati forniti) sono maggiori.

Stando al regolamento di OECD infatti, solo in rari casi l’Organizzazione deve tenere conto dell’attività economica svolta al di fuori delle frontiere riconosciute dello stato candidato. Tra quese circostanze vi sono i pagamenti dei lavoratori migranti.
Dato che simile status legale non si applica ai coloni illegali che abitano nei Territori Occupati, il comitato OECD suggerisce di tenere fuori i dati su questi coloni - e quindi anche quelli che riguardano i palestinesi.

“Israele è stato tenuto fuori perchè si è sempre rifiutato, anche internamente, di fare le dovute differenze tra Israele ed i Teritori Occupati”, sostiene Hever. Sia Gerusalemme est sia il Golan sono stati annessi in violazione alla legge internazionale.

“L’OECD gestisce il caso Israele come se questo stato avesse sette milioni di cittadini mentre invece ne ha 11 milioni, di cui 4 milioni sono palestinesi che vivono sotto la sua occupazione”, continua Hever. “Se questi venissero inclusi tra i dati forniti all’OECD Israele allora non potrebbe entrare nell’Organizzazione per via della grande disparità sugli standard di vita”.

Meron Benvenisti, in passato vice-sindaco di Gerusaleme, ha ricordato di recente che il rapporto del Pil - prodotto interno lordo - pro capite tra un israeliano ed un palestinese di Gaza è di 20 a 1.

Israele non presenta quindi i requisiti per entrare nell"organizzazione e così il comitato ha proposto la sua ammissione concedendogli un anno per fornire i nuovi dati raccolti con l’esclusione di quelli sui coloni.

Tim Davis, ufficiale OECD del comitato di Parigi non ha voluto commentare questo rapporto perché di natura segreta ma si è comunque pronunciato a favore dell’ammissione di Israele in futuro. “In tal caso non si potrà fare nulla, perché noi lavoriamo sulla base della cooperazione e non di pressione”.

Tra le altre cose, Israele non presenta le condizioni per l’adesione anche per altri motivi, tra cui i casi di corruzione e di violazioni sul copyright.

Con l’adozione di una convenzione contro la corruzione nel 1997, l’OECD ha richiesto agli stati membri di prendere provvedimenti per combatterla mentre Israele è al 32 posto nelle lista dei paesi con il numero maggiore di casi - per lo scorso anno - e la maggioranza dei quali è legata ai 6 miliardi di dollari andati all’industria militare.

Si sostiene inoltre che Israele violi pure i diritti sulla proprietà intellettuale, anche questo in contravvenzione al regolamento OECD. Imprese americane e svizzere hanno additato Israele per non essersi adattato ai regolamenti internazionali sulla produzione di Teva, principale casa farmaceutica israeliana.

Alla candidatura di Israele nell’OECD si sono opposti i leader arabi rappresentanti della sua minoranza (1/5 della popolazione). Lo scorso mese, il Comitato di Revisione, principale organo politico si è rivolto all’OECD affinché rifiuti l’ingresso di Israele nell’Organizzazione.

Metà dei cittadini arabi di Israele vive al di sotto della soglia di povertà e il dato è tre volte superiore dello stato di povertà registrato tra ebrei israeliani. Mohammed Zeidan, a capo del comitato, ha denunciato le disparità tra gli standard di vita definendola una della “politiche razziste e discriminanti di Israele”.

Un altro rapporto OECD, pubblicato a gennaio, ha dimostrato che, anche se Israele escludesse i palestinese da questi dati, presenterà sempre e comunque un dislivello sociale considerevole e superiore agli altri stati membri.

Il Segretario Generale dell’OCSE Angel Gurria e il Ministro degli Affari israeliano Avigdor Lieberman firmano un’accordo di mutuo riconoscimento con privilegi diplomatici (19 janvier 2010)
© OECD

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« Economic Survey of Israel, 2009 », OECD.


(PDF - 354.6 kio)

Traduzione per Infopal a cura di Elisa Gennaro