Gli eventi dell’11 settembre 2001 sono stati interpretati dagli analisti americani come una rivoluzione nella pratica del terrorismo. In un’udienza [1] al senato americano da parte del sottocomitato sulle minacce emergenti, Brian Michael Jenkins, l’esperto in terrorismo della Rand Corporation, ha rimesso in questione la sua dottrina. In un articolo famoso del 1975 (Brian Michael Jenkins, International Terrorism : A New mode of Conflict, in international Terrorism and World Security, Croom Helm ed., 1975), Jenkins affermava che il terrorismo non mirava ad uccidere, ma a dimostrare qualcosa. L’esperto concludeva che se dovesse esistere un’escalation possibile nel terrorismo, essa non si sarebbe espressa in termini di mezzi attuativi o di importanza delle distruzioni causate, ma soltanto in termini di visibilità. Riassumendo, il terrorismo sarebbe stato più o meno una guerra-spettacolo. Al contrario, Jenkins pensa oggi che Osama Bin Laden abbia innalzato il terrorismo al rango delle armi non convenzionali e lo ha incluso nelle strategie classiche di intensità graduata. Dagli attacchi contro obiettivi unici, Bin Laden è passato alle azioni coordinate contro obiettivi multipli (attaccando le ambasciate americane a Nairobi e Daar-es-Salam, il 7 agosto 1998). Egli ha superato una tappa supplementare con quattro dirottamenti aerei simultanei e loro distruzioni-suicidio con conseguenti migliaia di vittime.

Bruce Hoffman

Per Bruce Hoffman, vicepresidente della Rand Corporation, sentito in un’udienza [2] alla camera dei rappresentanti da parte del sottocomitato del terrorismo e della sicurezza interna, l’ampiezza degli eventi dell’11 settembre fa perdere ogni senso alla nozione di risposta proporzionata. Per rispondere agli attentati di Nairobi e Dar-es-Salam (252 morti di cui 12 cittadini statunitensi, 5.000 feriti), l’esercito US aveva tirato un centinaio di missili incrociatori contro i campi di Bin Laden in Afganistan e distrutto una fabbrica sospettata di fabbricare armi chimiche in Sudan. Questa volta, di fronte ad un atto di guerra sproporzionato, non si può rispondere che con una guerra.

Con un bilancio annuale di 160 milioni di dollari, la Rand Corporation [3] è il più importante centro privato di ricerche in materia di strategia e d’organizzazione militare nel mondo. È l’espressione prestigiosa della lobby dell’industria delle armi americana. Presieduta da James Thomson, troviamo tra i suoi amministratori Ann McLaughin Korologos (ex presidente dell’istituto Aspen) e Franck Carlucci (presidente del Carlyle Group: Sul Carlyle Group e l’11 settembre, vedere À qui profite le crime? Les liens financiers occultes des Bush et des Ben Laden, in Note d’information du Réseau Voltaire n° 237). Condoleezza Rice e Donald Rumsfeld ne furono amministratori fino a che le loro funzioni ufficiali lo permisero.

Nei loro diversi interventi dopo l’11 settembre, gli esperti della Rand Corporation non perdono mai un’occasione per richiedere nuove strutture, nuovi finanziamenti e nuovi mezzi per combattere il terrorismo. Si occupano anche di denunciare la pazzia mortale di Osama Bin Laden e di sottolineare l’impossibilità per i servizi segreti di prevedere un crimine di massa così sproporzionato.

Le presunte nuove analisi della Rand Corporation sono in realtà la nuova formulazione delle teorie che sostiene da oltre un decennio e che tenta di imporre ogni volta che l’occasione se ne presenta. Così, la pseudo-rivoluzione nel terrorismo è un concetto senza fondamento che permette di estendere la "dottrina Powell" alla lotta contro il terrorismo. Quando George Bush padre condusse la guerra del golfo, il generale Colin Powell, che era allora il suo capo di stato maggiore inter-armi, abbandonò la dottrina della risposta graduata attuata senza successo in Vietnam per quella della distruzione istantanea. Powell aveva così riassunto la sua strategia: "Ce la metteremo tutta fin dall’inizio e li faremo a pezzi".

In una conferenza pubblicata dall’aviazione militare US Academy nel marzo 2001 (cioè sei mesi prima degli attentati) [4], Bruce Hoffman esponeva le stesse analisi di oggi sulla pretesa "rivoluzione nel terrorismo", senza neanche il pretesto dell’11 settembre. In modo ancor più sorprendente, aveva previsto precisamente l’"inimmaginabile" scenario dell’11 settembre. Rivolgendosi ad un pubblico di ufficiali superiori dell’aviazione militare US, segnalava che "noi siamo intenti a preparare le nostre armi contro Al Qaida, l’organizzazione - o forse il movimento - associato a Bin Laden [...] pensate un momento a ciò che fu l’attentato-bomba contro il World Trade Center, nel 1993. Ora rendetevi conto che è possibile far cascare la Torre Nord sulla Torre Sud e uccidere 60.000 persone [...] Troveranno altre armi, altre tattiche ed altri mezzi per raggiungere i loro obiettivi. Hanno una scelta ovvia di armi, fra cui i ronzi (cioè aerei telecomandati)".

Giustificando la rivoluzione nel terrorismo con riferimenti successivi, Bruce Hoffman si comporta come un propagandista e non come un universitario. Anticipando gli eventi dell’11 settembre, mostra le capacità di un analista visionario o denuncia la sua partecipazione alla pianificazione di queste azioni ?

Traduzione Ernesto Carmona, http://www.comedonchisciotte.org

[1udienza del 15 novembre 2001, http://www.rand.org/publications/CT/CT187/CT187.pdf

[2udienza del 26 settembre 2001 http://www.rand.org/publications/CT/CT182/CT182.pdf

[3ufficiale del Rand corporazione : http://www.rand.org

[4Twenty-First Century Terrorism, in The Terrorism Threat and US Government response : Operational and Organizational Factors, US air force Academy, Institute for national Security studies, March 2001. Il testo di Bruce Hoffman è disponibile alla pagina http://www.usafa.af.mil/inss/foreword.htm