Finalmente «si è aperta la strada verso un mondo più sicuro, un futuro nel quale possiamo verificare che il programma nucleare dell’Iran sia pacifico e che esso non possa costruire un’arma nucleare»: la buona novella viene annunciata, un mese prima di Natale, dal presidente Obama, il Premio Nobel per la pace che ha appena reso il mondo più sicuro ordinando di potenziare le centinaia di bombe nucleari che gli Stati uniti mantengono in Europa: le B61-11 vengono trasformate in B61-12, che possono essere usate anche come bombe anti-bunker in un first strike nucleare.
Ciò rientra nella «roadmap» dell’amministrazione Obama per mantenere la supremazia nucleare degli Stati uniti. Essi dispongono di circa 2150 testate nucleari schierate, ossia pronte al lancio con missili e bombardieri, più altre 2500 stoccate in depositi e rapidamente attivabili, alle quali si aggiungono oltre 3000 ritirate ma non smantellate e quindi riutilizzabili: in totale circa 8000 testate nucleari. Analogo l’arsenale della Russia, la quale però ha meno testate pronte al lancio, circa 1800.
Il nuovo trattato Start tra Stati uniti e Russia non limita il numero delle testate nucleari operative nei due arsenali, ma solo quelle pronte al lancio su vettori strategici con gittata superiore ai 5500 km: il tetto è stabilito in 1550 per parte, ma è in realtà superiore poiché ciascun bombardiere pesante viene contato come una singola testata anche se ne trasporta venti o più. Il trattato lascia aperta la possibilità di potenziare qualitativamente le forze nucleari.
A tal fine gli Stati uniti stanno installando in Europa uno «scudo» antimissili, ufficialmente per neutralizzare un attacco iraniano (impossibile allo stato attuale), in realtà per conseguire una vantaggio strategico sulla Russia, la quale sta prendendo delle contromisure.
Oltre a quelle statunitensi, la Nato dispone di circa 300 testate nucleari francesi e di 225 britanniche, quasi tutte pronte al lancio. Israele – che costituisce l’unica potenza nucleare in Medio Oriente e, a differenza dell’Iran, non aderisce al Trattato di non-proliferazione – possiede secondo le stime da 100 a 300 testate con relativi vettori e produce tanto plutonio da fabbricare ogni anno 10-15 bombe tipo quella di Nagasaki; produce anche trizio, gas radioattivo con cui si fabbricano testate neutroniche, che provocano minore contaminazione radioattiva ma più alta letalità.
Cresce allo stesso tempo il confronto nucleare nella regione Asia/Pacifico, dove gli Stati uniti stanno attuando una escalation militare. La Cina possiede un arsenale nucleare, stimato in circa 250 testate, e circa 60 missili balistici intercontinentali. L’India possiede circa 110 testate nucleari; il Pakistan 120, la Corea del nord probabilmente qualche testata. Oltre ai nove paesi in possesso di armi nucleari, ve ne sono almeno altri 40 in grado di costruirle. Non esiste infatti una netta separazione tra uso civile e uso militare dell’energia nucleare e, dai reattori, si ricavano uranio altamente arricchito e plutonio adatti alla fabbricazione di armi nucleari. Si calcola che se ne sia accumulata nel mondo una quantità tale da fabbricare oltre 100mila armi nucleari, e si continua a produrne quantità crescenti: vi sono oltre 130 reattori nucleari «civili» che producono uranio altamente arricchito, adatto alla fabbricazione di armi nucleari.
Questo è il mondo che «diviene più sicuro» perché le 5 maggiori potenze nucleari, più la Germania (che ha fornito a Israele i sottomarini da attacco nucleare), hanno concluso l’accordo secondo cui «il programma nucleare iraniano sarà esclusivamente pacifico».
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