C’è qualcosa di davvero inquietante in questa forsennata reiterazione di puerili bugie che l’America e l’Europa, istericamente, rovesciano sulle opinioni pubbliche frastornate dell’Occidente.

Smentirle ad una ad una si può senza difficoltà, ma non si può ignorare la tremenda potenza inquinatrice - e preparatoria alla guerra - che esse producono. E’ come quando ci si trova di fronte a una persona disturbata, in ambasce, sotto choc: si deve cercare di capire il perché. Tutta questa cortina fumogena temo che sia il segno di qualche cosa di molto grave che si prepara.

Avrete notato che del Boeing malaysiano non si parla più? Siamo a quasi un mese e mezzo e tutto tace. Se avessero le prove che la colpa è dei russi - come hanno gridato subito, a gran voce, tutti i media occidentali - lo avrebbero tirato fuori, con clamori e sanzioni. Ma non l’hanno fatto. E si avvicina il momento in cui dovranno dire qualcosa. Per esempio che ad abbattere il Boeing è stata l’Ucraina, con quell’ormai famoso aereo che volava attorno al Boeing. Oppure dovranno dire che i dati, delle scatole nere, delle registrazioni tra i controllori a terra ucraini e l’equipaggio, sono andati tutti perduti, accidentalmente.

E tutti capirebbero (salvo gli stupidi irrimediabili e i disonesti interessati).

L’altra cosa grave, evidente ormai, è che Kiev sta perdendo la guerra. Anzi sta subendo una vera e propria disfatta, con una carneficina di soldati e ufficiali di cui Poroshenko e amici dovranno dare conto ai loro cittadini. Ovvio che una tale tremenda sconfitta dell’avventura di Euromaidan deve essere nascosta agli occhi dei pubblici mondiali: sconfitta di Obama, sconfitta della Merkel, sconfitta della Polonia e dei baltici. Disastro politico, militare, diplomatico.

Allora che si fa? Si moltiplicano freneticamente le bugie. La Russia invade l’Ucraina. Un’altra volta? Ma non l’aveva già invasa? Ma sono bugie fragilissime e, se non ci fossero direttori senza vergogna, come Mauro di Repubblica e De Bortoli del Corriere (tanto per cogliere due crisantemi dal mazzo), se ne accorgerebbero tutti. Le foto sono truccate male, le dichiarazioni di Poroshenko sono tradotte male. Molte affermazioni sono senza fondamento. E tutto quello che viene detto è incredibilmente naive.

La Russia "invade" con 1000 uomini? Ma, suvvia, scherziamo? E come fa una persona intelligente come Federico Rampini a crederci? Non si sono neanche accorti che gli stessi ribelli, attraverso la voce del primo ministro della Repubblica del Donbass, hanno dichiarato che, tra di loro ci sono circa 4000 volontari russi? Hanno bisogno di tirare fuori 1000 fantasmi inviati da Putin che, per altro, nemmeno gli osservatori dell’OSCE hanno visto passare?

E’ evidente, al contrario, che Putin in tutti questi mesi ha puntato a una soluzione diplomatica di un problema non creato da lui. E’ evidente che Putin non ha la minima intenzione di "prendere Kiev". E nemmeno di "prendersi il Donbass". A Minsk Putin ha detto chiarissimo che non intende neppure fare il mediatore ("la questione è un affare interno dell’Ucraina"). Se i leader europei non fossero degli sciocchi vassalli ricattati, prenderebbero le distanze da questa America che punta alla guerra. Direbbero a Obama che la patata rovente ucraina se le deve prendere in mano lui, che l’ha creata. Non occorre dirgli che è un bugiardo, basta lasciarlo al suo destino. Ma è ovvio che stanno facendo i vassalli.

E’ il momento che la gente, in Italia, intervenga. L’unico che può farlo è il M5S, cioè Beppe Grillo. Che indìca una manifestazione nazionale per chiedere un cambio di linea per il nostro paese. Chiami tutti, non solo i suoi, faccia montare un palco di "salvezza nazionale", faccia parlare tutti quelli che ci stanno. Non è questione di dare una spallata: è questione di salvare la nostra pelle, di tutti. Se aspettiamo i "pacifisti" e le sinistre, allora stiamo freschi.

I tempi della crisi ucraina precipitano, non c’è tempo da perdere. Troppo pochi sono quelli che capiscono che il pericolo è sempre più vicino.

E buon viaggio a tutti intorno al sole.

Fonte
Megachip-Globalist (Italia)