Il giornalista e scrittore serbo Dragan Vujičić ha intervistato Thierry Meyssan per il quotidiano Večernje Novosti. L’intervista riguarda gli elementi comuni tra la guerra del Kosovo (1998), la guerra d’Ucraina (2021) e il massacro di Gaza (2023).
Dragan Vujičić: L’aggressione alla Repubblica federale di Jugoslavia, nonché i reportage su questa guerra hanno rappresentato una svolta nella sua vita. Cosa l’ha spinta ad abbandonare i grandi media occidentali?
Thierry Meyssan: Nel corso di questa guerra pubblicavo un bollettino quotidiano in cui mettevo a confronto le conferenze stampa della Nato e i dispacci delle agenzie stampa dei Balcani. Con il tempo notavo una differenza sempre più marcata. Non riuscivo a spiegarmi perché le agenzie stampa locali raccontassero una guerra e le agenzie internazionali ne raccontassero una diversa. Non sapevo cosa pensare.
A guerra finita i miei amici che erano stati sul posto notarono immediatamente che le agenzie stampa dei Balcani raccontavano il vero, mentre quelle Occidentali si erano inventate una propria versione.
Mi aspettavo che una parte distorcesse i fatti più dell’altra, ma in realtà una sola parte mentiva: la Nato.
Non lasciai però i media, cominciai invece ad analizzare come i britannici da un secolo falsificano le informazioni. Ho imparato a pensare indipendentemente da loro.
Dragan Vujičić: Cosa ha visto in Serbia nel 1999? Cosa ricorda di Rambouillet?
Thierry Meyssan: La Serbia è stata un caso da manuale: l’Occidente aveva deciso di farla finita con quanto rimaneva della ex Jugoslavia.
Rambouillet è stata una pagliacciata: diplomatici che fingevano di negoziare la pace in realtà erano al servizio degli interessi di chi aveva già deciso la guerra. Per gli Occidentali si trattava di costruire una narrazione che li descrivesse come pacifisti, costretti loro malgrado a fare guerre contro regimi autoritari.
Dragan Vujičić: Davanti ale telecamere Lei ha definito l’emigrazione degli albanesi del Kosovo-Metohija una delle più grandi commedie e imposture di guerra. Operazioni sotto falsa bandiera? Può portarmi qualche esempio di quelle che, secondo lei, sono state le più rovinose?
Thierry Meyssan: L’esodo degli albanesi in fila lungo binari della ferrovia fu una tragedia che ci colpì tutti. Non capivamo cosa stesse accadendo. Rivedevamo le immagini della seconda guerra mondiale. Quando ci dissero che fuggivano dalla repressione di Slobodan Milosevic, ci credemmo. Non potevamo pensare che non stessero fuggendo da qualcosa, non avevamo elementi per pensare che venissero risucchiati verso la Macedonia.
Soltanto nel 2008 Kelly Greenhill cominciò a scrivere sulle migrazioni usate come armi. Nel 2012 assistetti allo stesso fenomeno in Siria: la Turchia aveva invitato i sunniti del nord della Siria a fuggire dagli scontri con gli jihadisti e a rifugiarsi oltre confine. In questo modo la Nato sottrasse alla Siria parte della popolazione che avrebbe potuto difendere il Paese. Nel 2015 ci fu la fuga di milioni di venezuelani. Anche in questo caso, prima dell’emigrazione non c’erano problemi per i migranti. I loro problemi e i problemi del loro Paese sono stati causati dalla migrazione.
Si è trattato sempre di grandi manipolazioni.
Dragan Vujičić: Lei ha iniziato una battaglia personale per la verità sull’11 settembre 2001. Ci può riassumere brevemente cosa ha scoperto e se crede che Trump potrebbe davvero sostenere la sua tesi nel prossimo mandato?
Thierry Meyssan: La versione ufficiale degli attentati dell’11 Settembre non ha capo né coda. Le torri sono crollate su loro stesse più rapidamente di un sasso che precipita a terra. Esplosioni sono state sentite dai pompieri e filmate ogni cinque piani. Il materiale si è disperso in polvere, sicché non ci sono state macerie. Le rocce delle fondamenta si sono fuse come in un’esplosione vulcanica. Una terza torre è crollata nel pomeriggio. Un aereo è sparito in Pennsylvania. C’è stata un’esplosione al Pentagono, ma l’aereo che l’avrebbe causata, e che sarebbe entrato da una porta senza danneggiarne lo stipite, non è mai stato ritrovato. E così via…
Questi attentati furono un grandioso e crudele show, costato la vita a 3.000 persone, ma sul quale ci mentono spudoratamente. L’FBI ha dimostrato nel 2013 che la testimonianza del Procuratore generale, che asseriva di aver parlato al telefono con la moglie su un aereo dirottato, era una menzogna. Non ci sono stati contatti telefonici con passeggeri dei quattro aerei. Nel 2023 il nucleo d’inchiesta del segretariato alla Difesa ha dimostrato che due cosiddetti pirati dell’aria (nessuno dei quali figura nelle liste d’imbarco dei quattro aerei) erano agenti della Cia.
Ciononostante nessuno reagisce. Tranne Donald Trump, che già nel pomeriggio dell’11 settembre 2001, su New York One, s’indignò per la versione ufficiale, immediatamente giudicata ridicola. Poi Trump è entrato in politica. Oggi parla dello scandalo dell’11 Settembre in ogni meeting elettorale. Se venisse eletto potrebbe forse decidersi a chiudere la vicenda, benché durante il primo mandato non ci sia riuscito.
Dragan Vujičić: Il genocidio di Srebrenica è stato «giudicato», ma non quello di Gaza. Cosa ne pensa di questi genocidi?
Thierry Meyssan: Guardiamo i massacri con occhi diversi a seconda di chi sono i carnefici. La classe politica occidentale condanna il massacro di Srebrenica, ma non quello di Gaza.
Penso al Tribunale di Norimberga: stabilì che il crimine supremo non è quello contro l’umanità, ma quello contro la pace. Ma è il primo che crea le condizioni perché il secondo possa essere perpetrato.
In Serbia non sono mai stati giudicati coloro che pianificarono la guerra, ma solo coloro che l’eseguirono. Oggi assistiamo alla stessa cosa in Ucraina. Angela Merkel e François Hollande, che si erano fatti garanti degli Accordi di Minsk, si sono vantati di averli firmati solo per guadagnare il tempo necessario alla preparazione dell’attuale guerra. Merkel e Hollande sono i veri colpevoli.
Dragan Vujičić: Già prima dell’Ucraina, durante la guerra in Croazia sono comparse per la prima volta insegne naziste sulle divise dei soldati. Sia allora sia oggi l’Occidente ne è consapevole o addirittura se ne rallegra. Perché il nazismo è tanto caro all’Occidente collettivo?
Thierry Meyssan: Gli anglosassoni non hanno mai chiuso con la seconda guerra mondiale. Dopo la disfatta dei nazisti hanno combattuto i sovietici appoggiandosi ad alcuni nazisti. Vi hanno fatto ricorso per tutta la guerra fredda: sia a nazisti, sia a loro alleati, come i banderisti o gli ustascia. Avremmo potuto vedere, ma abbiamo preferito chiudere gli occhi.
Quando l’Unione sovietica fu sciolta, i nazisti uscirono dall’ombra, prima in Croazia, poi ovunque in Europa, in particolare in Lettonia.
Nel 2019 i britannici usarono gli ustascia, i cui parenti si erano rifugiati in America Latina, per rovesciare in Bolivia Evo Morales e sostituirlo con Jeanine Áñez.
Dragan Vujičić: Nella guerra in Medio Oriente non ci sono simboli nazisti, ma c’è il nazismo. Com’è possibile che il mondo non rilevi che le perdite civili palestinesi sono il doppio di quelle dei tedeschi, degli italiani o dei giapponesi durante la seconda guerra mondiale?
Thierry Meyssan: Nelle società evolute il popolo non vede le stesse cose. Alcuni guardano la televisione, che diffonde solo notizie favorevoli a Israele; altri s’informano su internet e sui social network inorridendo al massacro cui assistono.
In Occidente nessuno sa che i suprematisti ebrei di Benjamin Netanyahu hanno una storia comune con i banderisti ucraini, con gli straussiani statunitensi e con i Fratelli Mussulmani di Hamas. Il mentore di Netanyahu è il fascista ucraino Vladimir Zeev Jabotinsky, di cui suo padre Benzion fu segretario particolare. Nel 1922 Jabotinsky si alleò con Simon Petliura e Dmytro Dontsov. Quando queste persone massacrarono decine di migliaia di ebrei, l’Organizzazione sionista mondiale chiese spiegazioni a Jabotinsky, all’epoca uno dei suoi amministratori. Jabotinsky si rifiutò di rispondere e ne andò sbattendo la porta. Dmytro Dontsov divenne guida intellettuale di Stephan Bandera. Prima della seconda guerra mondiale, questi personaggi si allearono con i nazisti. Durante la guerra, Dontsov divenne amministratore dell’Istituto Reinhard Heydrich. Fece parte del gruppo di venti persone che sovrintese alla «soluzione finale delle questioni degli ebrei e degli zingari». Dopo la guerra, Bandera lavorò con i Fratelli Mussulmani a Radio Free Europe, a Monaco. Jabotinsky si alleò con Benito Mussolini. Sotto gli auspici del Duce creò una milizia fascista, il Betar. All’inizio della guerra mondiale, Vladimir Jabotinsky e Benzion Netanyahu incontrarono a New York il filosofo neo-conservatore Leo Strauss. I loro discepoli combatterono i britannici. Dopo la guerra fecero saltare il quartier generale britannico in Palestina, assassinarono il ministro britannico delle Colonie e l’inviato speciale delle Nazioni unite, il conte Folke Bernadotte. I Fratelli Mussulmani nel 1987 crearono il loro ramo palestinese, Hamas.
Furono probabilmente i discepoli di Leo Strauss a organizzare gli attentati dell’11 Settembre.
Questi personaggi si conoscono, condividono le stesse idee e lavorano insieme. Se ne infischiano degli ebrei, dei mussulmani, dei serbi e dei croati. Aspirano solo al Potere politico senza alcun riguardo per le vite umane.
Dragan Vujičić: Dopo le raccomandazioni a Israele della Corte Internazionale di Giustizia, i Paesi occidentali, rifiutandosi di finanziare gli aiuti ai civili, si sono di fatto resi partecipi del genocidio dei palestinesi?
Thierry Meyssan: La Corte Internazionale di Giustizia si è allineata alla posizione del dipartimento di Stato degli Stati Uniti: ha chiesto a Israele di non commettere un genocidio, ma non le ha vietato di commetterlo.
Gli Occidentali si sono allineati alla Casa Bianca. Guardano i palestinesi morire senza muovere dito. Hanno revocato i finanziamenti all’UNRWA per farli morire di fame senza bisogno di massacrarli.
Per alimentare la confusione i media occidentali attribuiscono l’operazione del 7 ottobre unicamente ad Hamas. Non è vero. Vi hanno partecipato anche la Jihad islamica e l’FPLP marxista. È stata la prima azione comune da 15 anni.
È difficile da capire, ma Hamas è diviso: da un lato i dirigenti fedeli ai Fratelli Mussulmani e agli anglosassoni, dall’altra quelli che si sono uniti alla Resistenza palestinese. I primi hanno combattuto a fianco degli israeliani contro la Repubblica araba siriana, gli altri invece si sono riconciliati l’anno scorso con il presidente siriano Bashar al-Assad. I primi sono dei terroristi, i secondi dei Resistenti.
Benjamin Netanyahu sapeva almeno da un anno che Hamas stava preparando l’operazione del 7 ottobre. Non solo non ha fatto nulla per impedirla, ma l’estate scorsa ha estromesso il ministro della Difesa perché faceva domande scomode. Il 6 ottobre Netanyahu ha autorizzato gli uomini di guardia al confine con Gaza ad abbandonare le postazioni per celebrare una festa religiosa. Con ogni evidenza, la corrente storica di Hamas e Benjamin Netanyahu hanno organizzato congiuntamente l’attacco del 7 ottobre, di cui l’opposizione ebraica dei kibbutz è stata la principale vittima.
Dragan Vujičić: L’ordine dei diritti e l’ordine delle regole. Noi serbi speriamo che nel nuovo sistema di giustizia gli errori verranno corretti, a cominciare dall’aggressione della Nato contro di noi. Siamo ingenui?
Thierry Meyssan: Penso che non potremo mai rimediare ai nostri crimini. Al massimo possiamo riuscire a costruire un mondo fondato sul Diritto. Era già l’obiettivo dello zar Nicola II e del francese Léon Bourgeois (premio Nobel per la pace) prima della prima guerra mondiale. A questo aspira oggi il presidente russo Vladimir Putin: un mondo dove ogni Paese rispetti la propria firma e sia responsabile dei propri atti davanti all’opinione pubblica.
Dragan Vujičić: Norimberga 2. Quanto ne siamo distanti?
Thierry Meyssan: Norimberga è stata possibile solo perché era la fine della guerra mondiale. Del resto questo tribunale è riuscito a mettere in luce i misfatti di alcuni criminali, ma ne ha giudicati solo alcuni; la Cia e l’MI6 ne hanno invece usati molti. È quanto accaduto anche con il tribunale di Tokyo e gli imperialisti giapponesi.
Organizzare il mondo e garantire la pace mi sembra più importante della vendetta.
Dragan Vujičić: Oggi lei è a Damasco. In Siria il giornalismo è libero?
Thierry Meyssan: Non vivo più a Damasco. Mi sono avvicinato alla mia famiglia. La Siria è, tutto sommato, libera e i giornalisti possono fare il loro lavoro. Ma il Paese è distrutto. Gli Stati Uniti gli impediscono di commerciare con i vicini. Non vogliono che si risollevi economicamente per non essere costretti ad ammettere la propria sconfitta militare.
Dragan Vujičić: Nel 2024, per la terza volta consecutiva, lei è stato nominato l’analista di geopolitica più influente. Congratulazioni! Ma è salutare di questi tempi?
Thierry Meyssan: Il mondo attuale è crudele e pericoloso. C’è la guerra in Ucraina e a Gaza. Ma gli uomini soffrono anche in Sudan e ad Haiti. Non avremo mai la pace finché continueremo a mentire.
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Вечерње новости, 25. фебруара 2024. године
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