La regionalizzazione dell’Europa potrebbe essere sviata dal suo senso
iniziale in favore di uno squlibrio delle istituzioni. Diverrebbe allora
uno strumento per smembrare politicamente l’Europa, lasciando così campo
libero al dominio dell’Impero statunitense. Pierre Hillard analizza questa
variante della dottrina Wolfowitz: come trasformare il sogno di unità
europea nell’incubo della jugoslavizzazione generalizzata.
Le modalità della costruzione europea dipendono dall’idea che ci si fa
dell’unità dell’Europa e del suo ruolo nel mondo. Dopo aver pilotato la
creazione dell’Unione per stabilizzare l’Europa occidentale e sottrarla
all’influenza sovietica, gli Stati Uniti incoraggiano oggi a un tempo la
sua espansione geografica e la sua diluizione politica. L’Unione potrebbe
allora assorbire la Russia e triturare gli Stati membri in una miriade di
regioni, che si trasformerebbero in una vasta zona di libero scambio
protetta dalla potenza militare degli Stati Uniti.
Al contrario di un’idea diffusa, numerose forze per promuovere questo
progetto si trovano già nel seno dell’Unione, come lo attesta la carta
ufficiale che riproduciamo.
Creato nel 1985 da Francia, Spagna e Portogallo, questo istituto fu ripreso
nel 1987 dai Tedeschi che vi infusero principi federalisti, regionalisti e
etnici, il tutto in collegamento con organismi europei come il Comitato
delle Regioni, il Congresso dei Poteri locali e regionali d’Europa (CPLRE)
o il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa (CCRE). L’interesse
maggiore di questo documento è quello di rivelare il senso nascosto
dell’attuale forma della regionalizzazione europea. Questa non riguarda
soltanto l’attuale Unione, ma è concepita per estendersi a tutta l’Eurasia.
Tutti gli Stati dell’Europa centrale, gli Stati baltici, l’Ucraina, la
Russia - con una frontiera all’est che si stende verso la Siberia -, gli
Stati del Caucaso e la Turchia sono già integrati in questo progetto
europeo o piuttosto euro-atlantico. L’adesione all’Unione non sarebbe più
il mezzoper realizzare l’unità europea, ma al contrario per smembrare il
continente, assicurando così il trionfo pacifico dell’iperpotenza
statunitense secondo il principio classico «dividere per regnare». La
regionalizzazione, presentata come un mezzo per ravvicinare i cittadini ai
luoghi dove si decide, non sarebbe altro che un artifizio per prevenire
l’emergenza di una Europa-potenza, in applicazione della «dottrina
Wolfowitz» [1].
Poco prima di lasciare la Casa Bianca, il presidente Clinton ha presentato
la visione statunitense dell’Europa in un discorso che magnificava il
blocco transatlantico. Egli sottolineava anche, e in modo molto netto, che
·« l’unità dell’Europa sta per dar vita a qualcosa di veramente nuovo sotto
il sole: istituzioni comuni più vaste dello Stato-nazione parallelamente
alla delegazione dell’autorità democratica ai gradini inferiori. La Scozia
e il Galles hanno i loro propri parlamenti. L’Irlanda del Nord, dalla quale
proviene la mia famiglia, ha trovato il suo nuovo governo. L’Europa è piena
di vita e risuona di nuovo dei nomi di antiche regioni delle quali si torna
a parlare - la Catalogna, il Piemonte, la Lombardia, la Slesia, la
Transilvania, ecc. - non in nome di un separatismo qualsiasi, ma in uno
slancio di sana fierezza e di rispetto della tradizione. La sovranità
nazionale è arricchita di voci regionali piene di vita che fanno
dell’Europa un luogo che garantisce meglio l’esistenza della diversità ·»
[2].
La « simpatia » americana verso questa forma di regionalizzazione si spiega
col trasferimento del potere politico dagli Stati verso le regioni. Ormai
la «regione-Stato» si fregia di un’autonomia politica sempre più grande nei
campi che riguardano l’amministrazione, la giustizia, il sistema bancario e
postale o ancora l’educazione, che diviene sempre più un’educazione
regionale - per quanto dicano le autorità ufficiali. Ora queste istanze
politiche regionale sono portate a trattare direttamente con quelle
soprannazionali di Bruxelles, cortocircuitando l’autorità nazionale. Questo
non può che riempire di soddisfazione i dirigenti politici ed economici
americani i quali, attraverso le loro potenti lobby presenti in massa a
Bruxelles, potranno instaurare contatti direttamente con la Lombardia,
l’Alsazia, la Catalogna ecc. Fra la considerevole potenza politica,
militare ed economica degli Stati Uniti da una parte e dall’altra una
qualsiasi regione europea, si indovina senza fatica che vantaggi Washington
ricaverà da questi affari.
Per potenziare la presa completa americana sul vecchio continente, gli
Stati Uniti hanno presentato al solo governo tedesco un vero e proprio
programma per l’estensione all’est dell’Unione Europea e della NATO.
Secondo il Financial Times Deutschland del 24 ottobre 2002 l’obiettivo di
una Europa libera e unita» deve articolarsi secondo le modalità seguenti.
Dopo l’integrazione di dieci Stati nel 2004 (Polonia, Repubblica ceca,
Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Lituania, Lettonia, Estonia, Cipro e
Malta), le trattative per l’adesione dell’Ucraina alla NATO dovrebbero
cominciare nel 2004, seguite da quelle della Serbia nel 2005, della Croazia
e dell’Albania nel 2007. Inoltre, secondo questo programma, gli Stati Uniti
vedrebbero di buon occhio l’adesione della Turchia all’Unione Europea per
il 2007. Infine, il Financial Times Deutschland aggiunge che l’integrazione
completa dei Balcani e dell’Ucraina nelle istituzioni euro-atlantiche deve
essere completa per il 2010.
Almeno conosciamo la data-limite degli obiettivi americani. In questa
parcellizzazione europea, che attribuisce il primato politico alle regioni
a spese delle nazioni, in contatto diretto con tutte le lobby finanziarie
di Bruxelles, la Germania ricopre un ruolo decisivo. Effettivamente,
all’origine della regionalizzazione in Europa ( raccomandazione 34/1997 del
Congresso dei Poteri locali e regionali d’Europa ). la Germania sottopone
il Continente alla concezione istituzionale che Britannici e Americani le
hanno imposto alla Conferenza di Postdam (11 luglio - 2 agosto 1945) e in
occasione della creazione delle due zone d’occupazione (2 dicembre 1946).
In quell’epoca il ruolo attribuito ai Länder mirava nello stesso tempo a
ristabilire le libertà soppresse dal centralismo del Terzo Reich e a
privare la Germania dello stato di grande potenza. Questo dispositivo era
stato approvato dalla Francia che, secondo la battuta di Mauriac a
proposito delle zone d’occupazione, amava tanto la Germania da preferire
che ve ne fosse più di una. Inoltre, gli Anglosassoni resero stabili queste
istituzioni sacralizzando la Costituzione tedesca e creando una Corte
costituzionale indipendente a Karlsruhe.
Ciononostante il vassallaggio dell’Europa di fronte agli Stati Uniti non ha
più ragione d’essere, dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica e lo
scioglimento del Patto di Varsavia. La classe dirigente tedesca, per quanto
la riguarda, si trova divisa, da una parte vi sono coloro che sognano una
potenza indipendente e si sono espressi rifiutando di associarsi
all’attacco all’Iraq, e dall’altre chi preferisce minimizzare i rischi e
svolgere la parte di governatore delegato dell’Impero per l’Europa. Questi
qui si sono affannati a giocare i tempi supplementari nello smembramento
della Jugoslavia e nella guerra del Kossovo. Da quel punto queste
contraddizioni potrebbero trovare una soluzione se ci si sbarazzasse della
tutela americanaÊ per rimanere soli padroni a bordo, secondo il buon
vecchio «principio di Iznogoud» (essere califfo al posto del califfo).
Tutto il problema risiede nella capacità degli anglosassoni nel convincere
le élite tedesche di recitare la aprte ch’essi hanno loro assegnato nel
nuovo ordine mondiale.
In ogni caso, la scomposizione dell’Europa come la presenta questa carta
dell’ARE è ancora in fase transitoria. In realtà, la prima emergenza delle
regioni è preliminare al passare ad un altro livello: il riadattamento
delle frontiere regionali in funzione dei criteri economici ed etnici. Nel
quadro dell’interregionalismo sono possibili numerosi raggruppamenti, come
a esempio fra le entità basche francese e spagnola o ancora fra l’Alsazia e
il Baden. È la scommessa della carta elaborata dalla commissione europea
nel 2002 [3]. Effettivamente, poiché l’obiettivo era quello di creare un vasto mercato economico di libero scambio transatlantico, i tecnocrati di
Bruxelles hanno proceduto a revisioni territoriali allo scopo di creare dei
gruppi economici come contemplano i testi ufficiali: InterregIIIB raggruppa
ormai tutte le azioni di cooperazione transnazionale che coinvolgono le
autorità nazionali, regionali e locali e gli altri soggetti socioeconomici.
L’obiettivo è quello di promuovere l’integrazione territorialeÊ nel seno di
grandi gruppi di regioni europee comprese quelle oltre all’Unione dei
Quindici, come pure fra gli Stati membri e i Paesi candidati o gli altri
Paesi vicini, e di favorire così uno sviluppo durevole, equilibrato e
armonioso dell’Unione. Un’attenzione particolare è rivolta specialmente
alle regioni ultraperiferiche e insulari [4].
Questa rivoluzione politica, geopolitica e sociale in Europa è sul punto di
fare un passo decisivo con il riconoscimento di una personalità giuridica
per l’Unione Europea. Ciò che può apparire come il coronamento di un sogno
di unità contiene in sé elementi che, in questo particolare contesto e in
assenza di parapetti, possono andare alla deriva verso l’incubo della
jugoslavizzazione generale.
Traduzione dal francese di José F. Padova
[1] cfr. Defense Policy Guidance for the Fiscal Years 1994-1999 , US
Department of Defense, 18 febbraio 1992. Estratti di questo documento sono
stati pubblicati su The New York Times dell’ 8 marzo 1992.
[2] Estratto del discorso del presidente Clinton in occasione della
consegna del premio Carlo Magno, Aix-la-Chapelle, 2 giugno 2002.
[3] v. la carta dei 13 programmi , INTERREG IIIB 2000-2006 ,Les politiques structurelles et les territoires de l’Europe, Coopération sans frontières , Commission européenne, 2002
[4] ibid, p. 8.
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