L’annuncio che il presidente russo Dmitrij Medvedev e il Primo Ministro Vladimir Putin pianificano il cambio di posizione a marzo, è stato dipinto dalla stampa internazionale come un affare personale tra i due. Per l’analista messicano Alfredo Jalife, ridurre la politica russa a queste due figure è una manovra dei mass media per nascondere ciò che è realmente in gioco: il recupero della sovranità energetica russa e il suo riavvicinamento militare con i paesi BRICS, soprattutto la Cina.
Il ritorno del primo ministro Vladimir Putin - grande zar dell’energia - a candidato alla presidenza segna l’irrigidimento della posizione geostrategica della Russia nei confronti del disfacimento del capitalismo selvaggio e delle minacce di una nuova guerra mondiale da parte dei circuiti finanziari israelo-anglo-statunitensi.
Tale irrigidimento era prevedibile dopo gli innumerevoli affronti fatti contro la Russia e la Cina da parte di ciò che resta dell’"Occidente" economicamente paralizzato: la conquista del petrolio della Libia, l’installazione di un sistema di difesa missilistico NATO nell’"estero vicino" russo, la provocatoria vendita di armi degli Stati Uniti a Taiwan; le prossime guerre per il petrolio e il gas del statunitense Africom, come ha candidamente dichiarato Johnny Carson, Assistente Segretario di Stato [1].
La scandalosa campagna di disinformazione da parte dell’oligopolio mediatico israelo-anglo-statunitense (es. il duo Rothschild-Murdoch tramite Fox News e Sky News) escogita un racconto fantastico che parla di uno scontro tra il presidente uscente Medvedev e l’intrattabile Primo Ministro Putin, con i sentori di una guerra civile e una nuova balcanizzazione della Russia.
La campagna si spinge fino ad ostentare sfacciatamente la sua scelta: Medvedev, i "modernisti" e i filo-occidentali disposti ad aprire il succulento mercato petrolifero alle multinazionali della NATO, contro lo sciovinista e anacronistico Putin, una ex "spia" del KGB assetato di potere autocratico.
Ricorrere a tale grossolana caricatura delle relazioni delle forze interne della Russia e fedele ai suoi interessi petroliferi, le mendaci corporations mediatiche aziendalistiche hanno tentato di distorcere la realtà che oggi le esplode in faccia.
Nessuno sostiene che il tandem Putin-Medvedev (in questo ordine) sia inevitabile o che simbolizzi l’aquila russa a due teste, ma è innegabile che questo paese - una superpotenza nucleare geostrategica pari agli Stati Uniti, che miracolosamente nasce dalla malinconia geopolitica del 1991, quando Eltsin-Gorbaciov vi furono inghiottiti, ha fatto il suo ritorno fin dal 2000, grazie alla leadership di Putin.
E’ Putin che ha progettato la resurrezione geostrategica della Russia, grazie soprattutto al recupero delle sue riserve di idrocarburi. La grande nazione russa è perfettamente consapevole di questo. Se le loro reazioni furiose hanno una qualche indicazione, i circuiti finanziari della plutocrazia neoliberista oligarchica della Gran Bretagna, il cui massimo portavoce è la tripletta Financial Times/Economist/BBC (come ha riconosciuto Jeremy Browne, ministro del gabinetto Cameron), hanno reagito con veemenza contro il ritorno al potere di Putin, in quanto danneggia i loro interessi geopolitici in Eurasia.
Basti citare i più recenti titoli nichilisti di The Economist, che non s’è morsa la lingua dalla capitale di un paese che era stata appena data alle fiamme dai suoi giovani affamati e senza lavoro: "La Russia e il suo scontento", "Il ritorno di Putin al Cremlino segna la fine di quattro anni di farsa. La vera questione è come rimarrà al potere." "Il ritorno di Putin è un male per la Russia." "Il circo delle elezioni russe." "La Russia oggi è stagnante e senza speranza." Mi limiterò a confutare l’ultimo titolo: Putin-Medvedev, la Russia è in forma assai meglio della decadente Gran Bretagna, in caduta libera.
Sono rimasto profondamente colpito dalla blanda (finora) reazione del New York Times, forse per via del perezagruzka (reset) delle relazioni USA-Russia e la sorprendente, anche se molto recente "alleanza affaristica" di un importante accordo geostrategico raggiungere tra Exxon-Mobil e Rosneft [2] per l’esplorazione degli idrocarburi nella regione artica, che ha messo da parte la britannica BP - un presunto asset fisso della Rothschild Bank e leader dei predatori del Golfo del Messico - di concerto con la sua partner "perforatrice": la criminale (letteralmente) Halliburton and Schlumberger.
Non è cosa da poco per la Exxon-Mobil esplorare il Mar di Kara (Artico), vicino alle coste russe [3]. Alexander Rahr, esperto di Russia della German Foreign Policy Association (DGPA) di Berlino, ha detto al giornale tedesco Bildzeitung [4] che "Putin è stata una buona cosa (sic) per la Russia." Perciò, se è "cattivo" per la Gran Bretagna, è "buono" per la Germania?
Rahr ha commentato che il germanofilo Putin (parla un fluente tedesco) "vuole penetrare l’Occidente attraverso la Germania", mentre "l’alternativa a Putin sarebbero i nazionalisti anti-occidentali". Infatti, le "prospettive occidentali" per Gran Bretagna e Germania sono diametralmente opposte.
Il giorno prima dell’inaugurazione di un terzo mandato per Putin, il ministro della difesa russo Anatolij Serdjukov ha ospitato a Mosca Guo Boxiong, Vice Presidente della potente Commissione Militare Centrale del Partito comunista cinese [5].
Ancor più importante, dopo essere stato proclamato candidato alla presidenza, Putin ha annunciato un viaggio in Cina, per ampliare il potenziale geostrategico e per rafforzare le relazioni bilaterali.
Ciò che richiama l’attenzione è che Stratfor [6], il portale di disinformazione globale texano-israeliano, avrebbe riferito del ritorno di Putin con una mitezza eccessiva: "Una forte preoccupazione per l’influente istituzione dei servizi di sicurezza russi, è che Medvedev è considerato internazionalmente un capo debole (sic) rispetto al suo predecessore. Putin non è interessato (supersic!) alla presidenza, a meno che non sia necessario al fine di ripristinare la percezione di un Cremlino più assertivo".
Se la "democrazia" è la quintessenza del potere popolare, allota Putin non aderisce solo alle regole della Costituzione russa ma, meglio ancora, è ancora più "popolare" dei suoi rivali "occidentali", in un momento estremamente critico per il mondo, in cui i concetti idealistici della filosofia politica si stanno rapidamente erodendo.
Il premier russo vanta un massiccio sostegno pubblico all’80 per cento che, di sicuro, nessun leader della NATO può pretendere (che costantemente schiamazzano di suffragi universali per gli altri, ma non per se stessi), a partire dal sempre più vacuo Obama (ostaggio dei "13 banchieri di Wall Street", Simon Johnson dixit), passando per Sarkozy (il "conquistatore del petrolio della Libia", che fu orribilmente martoriato nelle elezioni senatoriali dal Partito socialista), e giù fino al pusillanime leader britannico David Cameron, che non sa dove nascondersi nel fuoco incrociato (letteralmente) urbanistico e finanziario del suo paese.
Mentre Obama, totalmente prigioniero e castrato dai bankster di Wall Street, partecipa alla distruzione del mondo - dal salvataggio dei banchieri insolventi, sempre arroganti, e non dei cittadini - Putin cerca di ristabilire l’equilibrio del mondo, andato perso durante la sfortunata fase dell’unipolarismo degli Stati Uniti, in armonia con la Cina (per estensione: BRICS tra cui il Sud Africa), per riorganizzare il mondo da una prospettiva multipolare.
Ci riuscirà?
Traduzione di Alessandro Lattanzio
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