Vi è un accordo segreto tra Ankara e Baghdad per creare una nuova via di comunicazione e ridurre i ricavi doganali di Irbil. Il 12 ottobre l’Iraq distribuirà 13000 soldati per assicurarsi questa strada, che l’armata turca proteggerà da novembre. Sarà quindi possibile per la Turchia invadere il Kurdistan iracheno.
Il referendum nel Kurdistan iracheno, che poneva la questione dell’indipendenza, crea situazioni nuove e, a quanto pare, nuovi obiettivi, accelerando la genesi del problema curdo e la ridefinizione dei confini nella regione. Secondo quanto detto e le dinamiche degli eventi, i confini verranno prima cambiati in Iraq, poi si avranno sviluppati simili in Siria, e successivamente in Turchia e Iran. Tale è la dinamica, derivante dal passato storico dei curdi e dalla volontà di Stati Uniti e Russia di essere presenti nella divisione della torta energetica, e non solo, nella regione.
In questa regione, da 27 anni, da quando Saddam invase il Quwayt, c’è una guerra che può durare ancora a lungo. Questa guerra si svolge su tre livelli:
– In cima, Washington si scontra sostanzialmente con Mosca, ma non è un guerra diretta, in realtà avviene per interposizione. L’obiettivo è dividere la torta geo-energetica e geopolitica.
– Al secondo livello, Teheran contro Tel Aviv, Iran contro Israele. L’Iran vuole creare un corridoio sulla linea Tehran-Baghdad-Damasco che gli darà l’opportunità di sostenere Hezbollah in Libano con armi e tutto il resto, e naturalmente gli permetterà una presenza geopolitica nel Mediterraneo, grazie agli stretti legami col governo di Assad. Israele, a sua volta, cerca di creare una zona cuscinetto per impedire la creazione di questo corridoio. L’Iran combatte al fianco di Assad, Hezbollah e Russia, per raggiungere questo obiettivo strategico.
– Israele, da parte sua, effettua attacchi aerei contro obiettivi di Hezbollah sul territorio siriano, mentre utilizza l’alleanza con Stati Uniti, curdi e arabi sunniti per impedire la creazione del "corridoio sciita".
Al livello inferiore, la guerra si svolge su due campi di battaglia. In Iraq, dove Stati Uniti, curdi ed esercito iracheno (sostenuto dagli iraniani) combattono il cosiddetto Stato islamico (SI).
L’altro campo di battaglia è in Siria, dove le cose sono complicate. Russia, Siria e Iran combattono su tre fronti: contro lo SI, contro l’opposizione siriana e contro il ramo di al-Qaida, Jabhat al-Nusra. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti sostengono i curdi e le forze democratiche siriane (SDF) nella lotta contro lo SI, divenuta una corsa su chi, Stati Uniti o Russia, controllerà i giacimenti di idrocarburi della Siria orientale.
Allo stesso tempo, gli Stati Uniti continuano a sostenere parte dell’opposizione siriana nel sud e sud-est del Paese contro il governo di Assad, Hezbollah e gli iraniani, mentre preparano operazioni contro Jabhat al-Nusra ad Idlib.
In questo quadro manca la Turchia, la cui politica è crollata come un castello di carte, quando, da sostenitrice dell’opposizione siriana con Stati Uniti e Israele, diveniva alleata dello SI contro i curdi. E quando i curdi schiacciarono lo SI, Erdogan si rivolse a chiunque fosse contro di loro.
Come detto, la situazione è così complessa che un seminario completo di mappe dovrebbe essere organizzato per capire esattamente cosa succede. Tuttavia, va notato quanto segue: la Turchia è in difficoltà e cerca di trovare alleati per deviare il corso dell’evoluzione della questione curda, come annunciato in apertura.
La logica, ma anche i curdi turchi, milioni di sostenitori ed elettori di Erdogan e dell’AKP, gli dice di non optare per l’operazione militare contro i curdi e un Kurdistan sulla via dell’indipendenza.
Anche Washington glielo dice.
Ma poiché rabbia e disperazione sono cattivi consiglieri, prepariamoci perché se, nonostante questi avvertimenti, la Turchia invadesse il Kurdistan iracheno e la contea di Ifrin, ci sarà la guerra e nessuno sa come si concluderà.
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