Trascriviamo l’intervento del filosofo Giorgio Agamben alla Commissione Affari Costituzionali del senato, in occasione del dibattito sul green pass (legge 2394) del 7 ottobre 2021. Non riguarda gli aspetti sanitari della misura, ma il mutamento di civiltà che comporta e di cui non tutti hanno consapevolezza.
“Mi soffermerò soltanto su due punti che vorrei portare all’attenzione dei parlamentari che dovranno votare sulla conversione in legge del decreto.
Un vaccino pericoloso ma obbligatorio
Il primo è l’evidente, sottolineo evidente, contraddittorietà del decreto in questione.
Voi sapete che il governo, con apposito decreto legge numero 44/2021, detto scudo penale, ora convertito in legge, sì è esentato da ogni responsabilità per i danni prodotti dal vaccino.
E quanto gravi possono essere questi danni risulta dal fatto che l’articolo 3 del decreto menziona esplicitamente gli articoli 589 e 590 del codice penale, che si riferiscono all’omicidio colposo e alle lesioni colpose.
Come autorevoli giuristi hanno notato, questo significa che lo Stato non si sente di assumersi la responsabilità per un vaccino che non ha terminato la fase di sperimentazione, e tuttavia allo stesso tempo cerca di costringere con ogni mezzo i cittadini a vaccinarsi, escludendoli altrimenti dalla vita sociale, nonché, con il nuovo decreto che siete chiamati a votare, privandoli persino dalla possibilità di lavorare. È possibile, chiedo, immaginare una situazione giuridicamente e moralmente più abnorme?
Come può lo Stato accusare d’irresponsabilità chi sceglie di non vaccinarsi, quando è lo stesso Stato che per primo declina formalmente ogni responsabilità in merito alle possibili gravi conseguenze?
Vorrei che i parlamentari riflettessero su questa contraddizione, che a mio avviso configura una vera e propria mostruosità giuridica.
Green Pass: conseguenza o fine?
Il secondo punto sul quale vorrei attirare la vostra attenzione non riguarda il problema medico del vaccino ma quello politico del Green Pass.
È stato detto da scienziati e da medici che il Green Pass non ha in sé alcun significato medico, ma serve a obbligare la gente a vaccinarsi.
Io credo invece si debba dire il contrario, e cioè che il vaccino è un mezzo per costringere la gente ad avere un Green Pass. Cioè un dispositivo che permette di controllare e tracciare i movimenti di ognuno, misura che non ha precedenti.
I politologi sanno da tempo che le nostre società sono passate dal modello che un tempo si chiamava società di disciplina al modello delle società di controllo, fondate su un controllo digitale virtualmente illimitato dei comportamenti individuali, che divengono così quantificabili in un algoritmo.
Ci stiamo ormai abituando a questi dispositivi di controllo, ma vi chiedo: fino a che punto siamo disposti ad accettare che questo controllo si spinga?
È possibile che i cittadini di una società che si pretende democratica si trovino in una situazione peggiore dei cittadini dell’Unione sovietica sotto Stalin?
Voi sapete forse che i cittadini sovietici erano obbligati a esibire una propiska, cioè un lasciapassare per ogni spostamento da un paese all’altro.
Ma noi siamo obbligati a esibire un Green Pass anche per andare al ristorante, anche per andare in un museo, anche per andare al cinema. E ora, cosa ancora più grave col decreto che cercate di convertire in legge, anche ogni volta che si va a lavorare.
Inoltre: com’è possibile accettare che, per la prima volta nella storia d’Italia dopo le leggi fasciste del 1938 sui non-ariani, si creino dei cittadini di seconda classe che subiscono restrizioni identiche a quelle che subivano i non-ariani? Parlo solo di analogia giuridica, ovviamente.
Tutto fa pensare che i decreti legge che si susseguono uno via l’altro, quasi emanassero da una sola persona, vadano inquadrati in un processo di trasformazione delle istituzioni e dei paradigmi di governo delle società in cui ci troviamo.
Trasformazioni tanto più insidiose perché, come nel fascismo, avvengono surrettiziamente, senza che ci sia un cambiamento del testo della Costituzione.
Il modello che viene così eroso e cancellato è quello delle democrazie parlamentari con i loro diritti, le loro garanzie costituzionali.
Al loro posto subentra un paradigma di governo in cui, in nome della biosicurezza e del controllo, le libertà individuali sono destinate a subire limitazioni crescenti.
La concentrazione esclusiva dell’attenzione sui contagi e sulla salute mi pare impedisca infatti di percepire quale sia il significato di questa grande trasformazione che si sta compiendo nella sfera politica.
E impedisce di rendersi conto del fatto che, come lo stesso governo non si stanca di ricordarci, la sicurezza e l’emergenza non sono fenomeni transitori, ma costituiscono la nuova forma di governabilità.
Credo che in questa prospettiva sia più che mai urgente che i parlamentari considerino con estrema attenzione la trasformazione politica in corso, che non si soffermino solo sulla salute.
Una trasformazione politica che, alla lunga, è destinata a svuotare il parlamento dei suoi poteri, riducendolo ad approvare semplicemente, in nome della biosicurezza, decreti che emanano da organizzazioni e persone che col parlamento hanno ben poco a che fare.
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