La liberazione di Aleppo Est segna la fine del tentativo di rovesciare la Repubblica araba siriana. È stato possibile solo con l’abbandono del Qatar e la parziale inversione di rotta della Turchia. Rimane il fatto una parte della Siria è ancora occupata dai jihadisti al servizio della NATO. Le prossime vittorie militari e la fine della guerra dipendono quindi da negoziati segreti che sono appena iniziati con membri dell’Alleanza Atlantica.
La liberazione di Aleppo Est da parte dell’Esercito arabo siriano è stata possibile solo perché alcuni attori stranieri hanno deciso di smettere di sostenere i jihadisti. Il loro ritiro non poteva essere negoziato da parte della Repubblica araba siriana, ma solo dalla Federazione Russa.
Mosca è riuscita a far svoltare il Qatar e farne uno dei suoi alleati. Ai primi di dicembre, questa inversione è stata sigillata con la vendita da parte di Mosca di un quinto del capitale di Rosneft a Doha. Rosneft è il gioiello della Russia, è la più grande azienda al mondo. Operando questa transazione, apparentemente per rimpinguare il deficit di bilancio russo, Igor Sechin e Valdimir Putin hanno unito inestricabilmente le politiche energetiche dei due più grandi esportatori di gas del mondo. Di fatto, il Qatar ha lasciato cadere i suoi jihadisti allorché dallo scorso maggio dispone di un ufficio permanente presso la sede della NATO a Bruxelles.
L’altra evoluzione è quella della Turchia. Se quest’ultima in quanto Stato rimane un membro della NATO, il suo presidente Recep Tayyip Erdoğan è diventato a titolo personale un avversario di Washington. Sin dalle elezioni legislative, la CIA ha tentato quattro volte di assassinarlo, tra cui lo scorso 15 luglio. Mosca cerca quindi di appoggiarsi a Erdoğan per slegare la Turchia dagli Stati Uniti.
Anche se questa manovra è complessa e può richiedere del tempo, ha angosciato Tel Aviv che ha ordinato l’assassinio dell’ambasciatore Andrei Karlov ad Ankara; un omicidio debitamente approvato e celebrato dal New York Daily News, quarto quotidiano USA e portavoce della lobby sionista più oltranzista. Forse Tel Aviv è stata pure il mandante dell’uccisione a colpi d’arma da fuoco, avvenuta lo stesso giorno a Mosca, del direttore dell’ufficio latinoamericano del ministero russo degli Esteri, Peter Polshikov.
Dopo aver considerato per un istante che la morte di Karlov fosse l’effetto di un doppio gioco di Erdoğan, di cui l’assassino era stato una guardia del corpo, Mosca ha scoperto che non lo era probabilmente per niente. Putin ha poi rafforzato la sicurezza della Russia e quella dei suoi rappresentanti all’estero. Inoltre questo episodio conferma che, nonostante le apparenze, il presidente Erdoğan non è più padrone a casa sua.
La cattura di ufficiali stranieri in un bunker della NATO ad Aleppo Est illustra l’evoluzione del conflitto. Si tratta principalmente di cittadini britannici, statunitensi, francesi, sauditi e turchi. Nel confermare pubblicamente un elenco non esaustivo di 14 nomi, l’ambasciatore Bashar Ja’afari ha posto la NATO davanti alle sue responsabilità; un approccio molto diverso da quello che prevaleva nel febbraio 2012, quando la Siria aveva negoziato bilateralmente con la Francia e la Turchia durante l’assedio dell’Emirato islamico di Baba Amr. A quel tempo, Damasco aveva restituito una quarantina di ufficiali turchi e una ventina di ufficiali francesi alle forze armate di origine, sia tramite Mikhail Fradkov (direttore dei servizi segreti russi), sia direttamente tramite l’ammiraglio Edouard Guillaud (Capo di Stato Maggiore francese) lungo il confine libanese. Ma l’accordo che venne concluso con il presidente Nicolas Sarkozy non venne rispettato dal suo successore, François Hollande.
L’esistenza di un bunker della NATO ad Aleppo Est conferma quel che abbiamo detto sul ruolo di coordinamento dei jihadisti da parte del LandCom dalla NATO da Izmir. Orbene, mai il Consiglio Atlantico, l’organo supremo dell’Alleanza atlantica, ha dato il via libera a questa operazione. Come in occasione dell’attacco di Tripoli (Libia), nell’agosto 2011, Washington ha utilizzato le risorse della NATO all’insaputa di alcuni dei suoi membri. Così facendo, applica la dottrina Rumsfeld, secondo la quale non esiste alcuna coalizione permanente per gli Stati Uniti, ma solo coalizioni ad hoc, secondo gli obiettivi scelti da Washington.
La liberazione della Siria dovrebbe continuare a Idlib. Questo governatorato è ora occupato da una serie di gruppi jihadisti, senza comando comune. Poiché questi non sono in grado di amministrare se stessi, né tanto meno di amministrare la popolazione civile, la zona è di fatto governata dalla NATO attraverso delle pseudo-ONG.
Questo è almeno ciò che ha constatato il mese scorso un think tank statunitense. Per sconfiggere i jihadisti, occorrerebbe dapprima tagliare le vie di rifornimento, vale a dire chiudere il confine turco. È a questo che ormai si sta applicando la diplomazia russa.
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