Mentre una parte dell’establishment militare messicano conduce una campagna per un riavvicinamento del Messico alla NATO, un libro polemico rievoca il colpi inflitti al Messico da parte degli Stati Uniti. Nel 1847, Washington ha conquistato metà del territorio del suo vicino. Nel 1947 ha saccheggiato la sua economia. In entrambi i casi, osserva Gastón Pardo, gli Stati Uniti si sono attribuiti il ruolo del buono falsificando la realtà.
1847: una guerra dimenticata
Dal tempo della "dottrina Monroe" (1823) gli Stati Uniti non hanno mai smesso i panni della vittima in America latina. In Messico ciò fu manifesto ed efficace nel 1847 e nel 1947.
Questa strategia consiste nel commettere attentati criminali per poi attribuirli in maniera menzognera ad altri contando sull’appoggio della stampa. E’ una strategia in sé, e non una risposta ad una determinata situazione, nella misura in cui l’identità dei capri espiatori conta poco: apaches, comunisti, terroristi, narcotrafficanti, tutto va bene.
John Stockwell, veterano della CIA e storico, racconta come all’inizio del XX secolo alcune imprese di costruzioni ferroviarie e i coltivatori del Sud desiderosi di estendere le loro piantagioni di cotone si mobilitarono per la conquista del Messico. Gli Statunitensi non si entusiasmarono affatto per questo progetto malgrado le mirabolanti promesse dell’esercito. L’indifferenza continuò fino a quando il presidente James Polk non ordinò al generale Zachary Taylor di attraversare il fiume Nueces con 3500 uomini, fino alla frontiera, in direzione del Rio Grande.
Le truppe passarono sui campi coltivati ed entrarono in un villaggio per provocare la popolazione. Naturalmente ci fu qualche morto e l’incidente servì di pretesto per dichiarare la guerra e invadere il Messico che perse quasi la metà del suo territorio.
L’incidente fu presentato al Congresso in questi termini: "l’esercito messicano aveva oltrepassato il confine degli Stati Uniti e versato sangue americano sul territorio degli Stati Uniti". Il Congresso dichiarò guerra e il generale Zachary Taylor fu eletto presidente nel 1848.
Molti cittadini USA rifiutarono comunque di arruolarsi , tra cui David Thoreau, che sarebbe diventato un celebre scrittore e che fu incarcerato per essersi opposto alla guerra. Un altro contestatore pretese che il presidente menzionasse esattamente il luogo nel quale erano avvenuti gli incidenti: era un deputato dell’Illinois, che divenne in seguito presidente, Abraham Lincoln.
Il governo voleva la guerra ed era pronto almeno dall’8 maggio, con o senza incidente, come è stato stabilito dalla White House Historical Association di Washington. La storica Betsy Powers da parte sua ha studiato la provocazione ed i suoi obiettivi tra i quali il rifornimento di cotone per l’industria tessile inglese.
La guerra durò dal 1846 al 1848. Con un esercito di 25.000 uomini, in meno di due anni e con una perdita di appena 5000 uomini, per la maggior parte vittime di malattie, gli USA spogliarono il Messico di tre Stati: la California, il Nuovo Messico e l’Arizona, ai quali bisogna aggiungere la Repubblica del Texas, ossia in totale una conquista di più di due milioni di chilometri quadrati.
James Buchanan, Ulysses Grant, Zachary Taylor furono gli ideologhi della manovra e divennero in seguito presidenti degli Stati Uniti. Avevano dimostrato la loro competenza nell’arte delicata di sfruttare situazioni banali. Erano i primi passi nella strategia della tensione.
La dottrina Monroe
Secondo Carlos Pereyra, autore del libro di riferimento Il mito di Monroe, ci sono tre dottrine Monroe [1]. La prima è quella redatta dal segretario di Stato John Quincy Adams, che fu integrata nel messaggio presidenziale di Monroe del 2 dicembre 1823. Risponde al Congresso della Santa Alleanza che aveva incaricato il re di Francia Luigi XVIII d’intervenire militarmente nell’America ispanica per instaurarci o restaurare monarchi spagnoli. Essa rispondeva anche alla Russia, già proprietaria dell’Alaska e che allungava l’occhio sull’Oregon. Monroe affermava che gli Stati Uniti si sarebbero opposti ad ogni intervento europeo nelle Americhe e che, in contropartita, si sarebbero astenuti da qualsiasi intervento in Europa.
La seconda dottrina Monroe è quella diventata una sorta di diffuso dogma di glorificazione degli USA e che compare nel rapporto del 14 luglio 1870, indirizzato dal segretario di Stato ad Ulysses Grant. Washington si astiene dal sostenere la rivoluzione cubana contro la corona di Spagna nella misura in cui i Britannici accettano di pagare dei danni di guerra per il loro sostegno ai Confederati durante la guerra civile. Si tratta semplicemente di indietreggiare per prendere meglio la rincorsa. I Britannici pagarono nel 1872 e Washington invase Cuba nel 1898.
Nella sua terza fase, la dottrina Monroe è quella falsificazione dei primi testi che cerca di presentare la politica estera degli USA come idealmente derivata da uno pseudo Monroismo originario. La si ritrova presso i grandi portavoce dell’imperialismo, i presidenti McKinley, Roosevelt, Lodge, Taft e Wilson, che hanno ciascuno esposto la missione di tutela imperialista, finanziaria e biblica che gli USA si sono attribuiti. Gli Stati Uniti sarebbero i "protettori" dell’America latina di fronte al colonialismo europeo. La dottrina Monroe funziona dunque come un riferimento mitologico per dichiarare delle guerre "preventive" e/o di conquista in America latina, in assenza di qualsivoglia minaccia proveniente da altri continenti.
1947: la guerra sanitaria
Gli USA dichiararono una nuova guerra contro il Messico 100 anni dopo quella del 1847. La prima i Messicani l’avevano persa senza combattere perché i loro dirigenti, corrotti a colpi di migliaia di dollari versati dall’invasore, li avevano traditi. Il ruolo vergognoso delle forze armate messicane è stato ricostruito dello storico Armando Ayala Anguiano, fondatore della rivista Contenido.
Nel 1947 si replica: il corpo di polizia e l’esercito messicano furono messi al servizio di una guerra economica contro il Messico.
I reduci statunitensi, di ritorno nel loro paese alla fine della Seconda Guerra mondiale, rilanciarono la produzione agricola in generale e l’allevamento in particolare. Il piano Marshall apriva loro degli sbocchi in Europa ma l’allevamento messicano faceva concorrenza.
Washington organizzò allora un’epidemia di afta epizootica. I media favorevoli all’Impero assicurarono che essa si era diffusa in Messico a causa di bestiame brasiliano infetto. La loro accusa non è stata mai provata.
Nello stesso tempo, il presidente Miguel Alemán Valdés, sostenuto dall’FBI, creò la Direzione Federale della Sicurezza (DFS), polizia politica al servizio del presidente e del regime. La DFS fu una fonte inesauribile di informazioni confidenziali per gli USA al momento in cui l’influenza del comunismo era all’apice in Messico come nel resto dell’America latina.
In un recente best-seller, El rifle sanitario, la fiebre aftosa y la rebelion sanitaria, il ricercatore ed ex-deputato federale del PRI José Carmen Soto Correa ha analizzato questa operazione [2]. Il suo libro è tanto più sconvolgente in quanto pubblicato nel momento in cui numerosi ufficiali dell’esercito messicano, ancora una volta pronti a tradire gli interessi nazionali, si adoperano perché la NATO estenda la sua "protezione" fino al Messico [3].
Il 27 e 28 dicembre 1946, la stampa aveva annunciato che molti casi di febbre da afta si erano verificati negli Stati di Puebla e di Veracruz. Quattro settimane più tardi, gli USA sospendevano le importazioni di bestiame messicano in corso provocando la rovina degli allevatori messicani. Con alle spalle l’FBI, il governo di Miguel Alemán impedì ai piccoli proprietari di acquistare i vaccini per il bestiame mentre 23 milioni di dosi erano già disponibili nel 1948-49. Dunque non restò loro che abbattere le bestie. Durante il 1947, due milioni di capi furono abbattuti ogni giorno. La spina dorsale dell’economia messicana venne distrutta. Dall’altra parte della frontiera, al contrario, l’allevamento continuava a pieno ritmo ed esportava nel quadro del piano Marshall.
Questa politica suscitò sollevazioni contadine, in particolare negli Stati di Michoacan e Morelos, tra i 16 Stati coinvolti. Le rivolte erano guidate dai comunisti e dall’Unione Nazionale Sinarchista.
Il dottor I. A. Galloway, direttore dell’istituto britannico di ricerche virologiche ed esperto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e i responsabili veterinari messicani proposero alla commissione messicano-statunitense una vaccinazione come quella che era stata praticata con successo in Europa. Solo a questo punto anche i funzionari messicani si schierarono a fianco dei loro connazionali ma era troppo tardi.
In definitiva, tutto questo produsse un’enorme crisi economica che sfocerà nella svalutazione del peso. Fu necessario importare carne dagli Stati Uniti per 2.636 milioni di pesos mentre le esportazioni messicane raggiungevano solamente 1.956 milioni di pesos nel 1947.
La repressione si abbatté sui rivoltosi sinarchisti e comunisti di Morelos e Guerrero, diretti dall’ex generale zapatista Rubén Jaramillo che fu assassinato su ordine del governo di Adolfo Lopez (1958-1962).
Chiudendo la frontiera doganale ed impedendo ai Messicani di avere accesso ai vaccini, in modo che l’epidemia distruggesse le mandrie, gli Stati Uniti hanno messo in atto una guerra biologica che ha sfiancato per lungo tempo l’economia del Messico.
Tradotto per ComeDonChisciotte.org da Matteo Bovis
[1] El mito de Monroe, di Carlos Pereyra (1914).
[2] El rifle sanitario, la fiebre aftosa y la rebeliòn campesina: guerra frìa, guerra caliente, di José Carmen Soto Correa, edizioni Istituto Politecnico Nacional (Messico, dicembre 2009).
[3] « Rumors Of Coups And War : U.S., NATO Target Latin America », di Rick Rozoff, Réseau Voltaire, 20 novembre 2009.
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